Fedeli a oltranza: un viaggio tra i popoli convertiti all'Islam by Vidiadhar S. Naipaul

Fedeli a oltranza: un viaggio tra i popoli convertiti all'Islam by Vidiadhar S. Naipaul

autore:Vidiadhar S. Naipaul [Naipaul, Vidiadhar S.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Religion, Fundamentalism, Social Science, Islamic Studies
ISBN: 9788845916458
Google: Rek-ngEACAAJ
editore: Mondolibri
pubblicato: 2001-03-15T09:55:29.658000+00:00


Ci mettemmo a spingere tutti insieme, anche Emami nella sua camicia luccicante, con Kamran che riusciva a esibirsi perfino a quella velocita’ nella sua guida spericolata; ora sterzava di colpo in mezzo al traffico, ora si faceva largo puntando direttamente in senso contrario alle altre macchine. Ma aveva dalla sua la tipica fortuna iraniana e nessuno ci investi’ . Dopo circa cento o centocinquanta metri, la macchina tossendo si mise in moto. A questo punto Kamran, Mehrdad ed Emami - il quale, nonostante le sue assicurazioni, non aveva la piu’ pallida idea di dove abitasse Khalkhalli - cominciarono a chiedere indicazioni a tutto spiano, facendo cio’ che avremmo dovuto fare da soli in mattinata. Tutti conoscevano l’abitazione dell’ayatollah e tutti ripetevano che era molto vicina. Ma ci volle un po’ per trovarla.

Finalmente arrivammo in una stradina residenziale, con case bianche e nuove, circondate da muri o alte cancellate sul modello iraniano. Emami suono’ un campanello, ma non rispose nessuno. Allora, passando al campanello di una seconda casa, parlo’ per qualche momento al citofono. A questo punto si apri’ il cancello della prima casa, e ne usci’ una vecchia avvolta non nel chador nero tipico di Qom, ma in una sciarpa chiara decorata, che si era legata intorno alla testa. Venne fin sulla strada e ci indico’ una terza casa. Emami suono’ il campanello giusto, poi anche Mehrdad, finche’ un uomo non venne ad aprire. Non era in uniforme, ma Mehrdad noto’ - e me lo riferi’ piu’ tardi - che nascondeva una pistola sotto la camicia. Rispose di non essere al corrente di alcun appuntamento, ma sarebbe rientrato a chiedere all’ayatollah, che stava leggendo. Torno’ dopo un po’, dicendo: L’ayatollah vi stava aspettando. Vi aspettava alle undico’ . (Ma Mehrdad non mi tradusse quest’ultima parte se non alla fine della giornata).

Oltrepassammo l’alto cancello fino a un’altra guardia che portava pantaloni e camicia verde scuro, la vecchia divisa dei “komiteh” rivoluzionari.

Dalla mia prima visita mi sembrava di riconoscere il piccolo giardino anteriore, i pochi scalini e la veranda, ma non ero sicuro che si trattasse della stessa casa. I dintorni erano cambiati moltissimo: nel 1979 l’abitazione di Khalkhalli sorgeva ai confini della citta’ , in una strada costruita da poco con alberi appena piantati; si avvertiva la prossimita’ del deserto. Questa via invece sembrava decisamente vissuta e ben inserita nella citta’ .

Tolte le scarpe, entrammo nell’anticamera. Verso destra si scorgeva una biblioteca, o uno studio, con scaffali ricolmi di volumi rilegati in serie; sulla sinistra si apriva invece il salone, una stanza formale e quasi vuota, col pavimento ricoperto di tappeti. I muri erano di un grigio verde pallido; alcuni cuscini oblunghi a righe verdi erano appoggiati contro i caloriferi incassati in una parete. Un materassino sul tappeto, stranamente intimo, mostrava dove l’ayatollah si era forse riposato o aveva aspettato il nostro arrivo. Sull’altro lato della stanza campeggiavano quattro o cinque poltrone scure e, accanto a una, contro la parete, un tavolino. Sopra, su un centrino di pizzo, notai degli stuzzicadenti; di certo il padrone di casa era li’ a leggere quando avevamo suonato il campanello.



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