L'ombra del nemico by Marta Serafini

L'ombra del nemico by Marta Serafini

autore:Marta Serafini [Serafini, Marta]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2020-06-27T22:00:00+00:00


7

Fortezza Europa

2017 Mediterraneo e Iraq, gli attacchi alle ong e il post Isis

«Welcome on board, benvenuti a bordo.»

Luglio 2017. Il Mediterraneo è calmo come un olio. Il turno di avvistamento è iniziato già da una mezz’ora.

Alla partenza da Catania, la sera prima di salire a bordo, ho conosciuto tutto l’equipaggio. Tre team, quello navale, quello medico e quello di soccorso. Persone da tutto il mondo. Chi ha fatto il marinaio, chi ha lavorato sulle petroliere, chi ha esperienze sulle navi di ricerca in Antartide. Ognuno parlava la sua lingua. Avremmo vissuto gomito a gomito per parecchi giorni.

Abbiamo cenato tutti insieme per le strade del centro e bevuto, sapendo che non avremmo potuto consumare alcol per parecchi giorni, date le disposizioni severissime del capitano, un bielorusso che era meglio non far arrabbiare.

Sulla strada mi sono infilata in un cortile dove c’era un concerto per violoncello. E mi sono ritrovata a pensare che ci sono parecchi posti che chiamo casa. Catania è uno di questi, ogni volta che ci passo mi regala una sorpresa. Un altro porto sicuro da cui partire per nuove missioni.

Siamo stati fuori fino a tardi e, prima di andare a dormire, ci siamo fermati a fumare l’ultima sigaretta sul molo. «Nelle missioni di ricerca e soccorso sai quando ti imbarchi ma non sai quando scendi» mi hanno detto prima della partenza.

Mentre Aquarius lascia il porto, qualcuno tira fuori la chitarra. Mi viene in mente una frase di Isabelle Eberhardt, la scrittrice ed esploratrice svizzera: «Partire è la più bella e coraggiosa di tutte le azioni. Una gioia egoistica forse, ma una gioia, per colui che sa dare valore alla libertà. Essere soli, senza bisogni, sconosciuti, stranieri e tuttavia sentirsi a casa ovunque, e partire alla conquista del mondo».

Respiro l’aria del mare e guardo l’Etna con il suo pennacchio di fumo allontanarsi.

Due giorni dopo, mentre la luna piena illumina la superficie nera del mare, ci avviciniamo alla zona di ricerca e soccorso di fronte alla Libia. Con le prime luci dell’alba, Alessandro e Rocco, due membri del team di ricerca e soccorso, mi svegliano per il turno di avvistamento.

Iniziamo a scrutare coi binocoli l’orizzonte verso la Libia.

«Li vedi quei puntini neri? Sono gommoni.»

Sopra, centinaia di migranti in fuga da guerra, fame, miseria e disperazione. Sullo sfondo le fiamme dei pozzi petroliferi libici.

Siamo a venti miglia marine dalle coste tra Zuwarah e Tripoli, nella fascia in cui di recente sono avvenuti la maggior parte dei naufragi e dei salvataggi. Le navi delle ong non possono entrare nelle acque libiche e durante le operazioni di soccorso dovrebbero rimanere sul limitare delle 12 miglia, la linea che segna le acque territoriali.

Quel confine però è un concetto relativo non delineato dal filo spinato o da un muro.

Finita la missione Mare Nostrum, la gestione del Mediterraneo si è frammentata tra missioni militari, operazioni di contenimento del traffico di esseri umani. E una parte dei soccorsi è rimasta, di fatto, nelle mani delle organizzazioni non governative.

In mare, in quei giorni, al fianco della Diciotti della Guardia Costiera, erano parecchie le navi umanitarie.



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