Un uomo by Oriana Fallaci

Un uomo by Oriana Fallaci

autore:Oriana Fallaci [Fallaci, Oriana]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2010-01-14T23:00:00+00:00


* * *

Non ti saresti mai tagliato i baffi e non avresti mai cambiato la fotografia. Però avresti trovato un passaporto che apparteneva a un italiano il cui tipo fisico corrispondeva un po’ al tuo, e i viaggi sarebbero continuati, sempre col prologo di quell’assurda commedia. Di rado mi confidavi la verità. Fedele ai principii che Nicola m’aveva spiegato, chi-non-sa-non-si-angoscia-e-non-parla, insieme sedotto dal gusto della cospirazione, ognivolta che partivi per la Grecia riuscivi a imbrogliarmi, attirarmi in qualche litigio che giustificasse il me-ne-vado. E, sebbene conoscessi ormai il trucco, ognivolta ci ricadevo. «Non sai nemmeno telefonare. Che bisogno c’è di tenere l’indice infilato nel foro del disco sia all’andata che al ritorno? Il disco torna indietro da solo, no?» «Piantala, Alekos. Io telefono come mi pare.» «Non la pianto, togli il dito, mi rende nervoso.» «Alekos, vuoi lasciarmi in pace, sì o no?» «Bene, ti lascio in pace, me ne vado.» Oppure: «Venezia è una bambola morta». «Forse, però a me piace lo stesso.» «Perché non hai gusto.» «Be’, tutto si può dire eccetto che chi ama Venezia non ha gusto.» «E io lo dico invece. Senti questo profumo: è di cattivo gusto, puzza. Puzza di bambola morta, ecco perché ti piace Venezia.» «Scemo, villano.» «Scemo? Villano?» «Sì, ed aggiungo: hai ragione, ho cattivo gusto, infatti vivo con te.» «Da oggi non ci vivi più, me ne vado.» Te ne andavi e solo l’indomani capivo d’esserci caduta di nuovo come una babbea. Poi, passati tre o quattro giorni tornavi: «Sono io! Sono me! Indovina dove sono stato!». Oppure: «Ciao, alitaki. Ti ho portato un profumo da Atene. Questo non puzza». Non me ne offendevo neanche più. Finché durava il viaggio, la stizza era sostituita dall’angoscia di saperti in pericolo; dopo, era superata dal sollievo di rivederti. Mi chiedevo semmai quale senso avessero quei rientri da Primula Rossa, a cosa servissero fuorché a tenerti in esercizio, alimentare la schermaglia con la morte: a prender contatti con Laos 1, Laos 2, Laos 3, Laos 4? Ad organizzare imprese che puntualmente non si sarebbero realizzate? A tentar di strappare qualche soldato ai comunisti o ai papandreisti, ridurre una solitudine che incominciava a pesarti? Per non umiliarti, evitavo perfino di rivolgerti domande: fingevo di credere che si trattasse di spedizioni utilissime e da cui sarebbero sfociate cose memorabili. Poi, una sera di fine febbraio, eravamo in casa e leggevo i giornali, lo sguardo mi cadde su una notizia da Atene. Dieci righe, non più. La notte prima, diceva la notizia, quattro bombe erano esplose in una fabbrica, senza causar vittime. Una quinta invece era scoppiata mentre due artificieri, un civile e un militare, la stavano disinnescando. I due artificieri erano morti. Sul luogo la polizia aveva trovato i manifestini di un gruppo che si definiva Laos 8. Ti cercai gli occhi: «Come vanno i tuoi quattro reggimenti?». «Non sono più quattro, sono otto» rispondesti con un sorriso felice. «Ho arruolato Laos 5, Laos 6, Laos 7, Laos 8. Fra qualche giorno vedrai che succede!» «È già successo, Alekos.



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