Ghetto by Daniel B. Schwartz

Ghetto by Daniel B. Schwartz

autore:Daniel B. Schwartz [Schwartz, Daniel B.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Hoepli
pubblicato: 2024-01-10T00:00:00+00:00


Nella seconda metà degli anni trenta la crisi dell’emancipazione si era diffusa a macchia d’olio in altre parti d’Europa. Particolarmente fosca era la situazione in Polonia, che con tre milioni di ebrei (pari al dieci per cento della popolazione) contava la comunità più numerosa dell’Europa tra le due guerre. L’antisemitismo, che fermentava sin da quando la Polonia aveva approvato a denti stretti, nel 1921, una costituzione che concedeva agli ebrei piena uguaglianza civile e politica, riconoscendone inoltre i diritti di minoranza nazionale, raggiunse palesemente il culmine nel 1935. Fu una concomitanza di fattori – dall’influenza della Germania nazista al bisogno di un capro espiatorio per la lunga recessione economica, fino alla morte nel 1935 del maresciallo Józef Piłsudski, capo effettivo della Seconda repubblica polacca, perlopiù contrario all’antisemitismo – ad aprire le porte a un’ampia diffusione di propaganda e violenza antisemite. Formazioni politiche esplicitamente antiebraiche come il Partito democratico nazionale (Endek) di Roman Dmowski – che proponeva lo slogan “La Polonia ai polacchi” – rinnovarono la crociata per il tetto al numero di ebrei ammessi all’università, sostenendo che non dovevano superare la percentuale della popolazione ebraica nel paese (la conseguenza fu che il Ministero dell’istruzione finì per cedere e gli atenei cominciarono ad adottare autonomamente delle quote). Le università, da tempo focolaio di proteste antiebraiche, divennero il teatro delle discriminazioni più concrete. L’espressione “banchi ghetto” entrò nel lessico comune quando gli studenti nazionalisti chiesero rumorosamente – e in diversi atenei del paese ottennero – che gli studenti ebrei fossero separati nelle aule in sezioni a loro riservate. La parola ghetto svolse un ruolo cardinale nella propaganda e nel discorso antisemita dal 1935 al 1939, probabilmente più in Polonia che nella stessa Germania. La stampa clericale antiebraica era particolarmente entusiasta all’idea che venisse ripristinato il ghetto, «in quanto secolare tradizione cattolica risalente al Medioevo».13

La Polonia non era certo il solo Stato dell’Europa centrorientale in cui l’antisemitismo reazionario di estrema destra fosse in ascesa nel periodo interbellico. Nella seconda metà degli anni trenta in Ungheria si assisté a un avvicinamento progressivo alla Germania nazista, oltre che all’influenza crescente del partito delle Croci Frecciate di Ferenc Szálasi, fascista e smaccatamente antisemita. Nel tentativo di inglobare la destra estrema, nel 1938 e nel 1939 il governo di tradizione conservatrice (pur sempre antisemita) dell’ex ammiraglio asburgico Miklós Horthy approvò in successione due leggi tese a ridurre l’alta percentuale di ebrei nella vita commerciale, industriale e professionale ungherese. Particolarmente severa era la norma del 1939, seppure non applicata uniformemente: fra le altre cose, imponeva il limite del sei per cento alla quota di ebrei nelle professioni liberali e accademiche, escludendoli dall’amministrazione pubblica e obbligando i docenti ebrei di scuole e università ad andare in pensione entro quattro anni; inoltre, aboliva il diritto degli ebrei ad acquistare o vendere terre. In entrambe le disposizioni la definizione di “ebreo” era almeno in parte razziale: la prima escludeva gli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo prima del 1919, mentre la seconda considerava ebrei anche i figli di almeno un genitore non convertito.



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