Il buddhismo by Giorgio Renato Franci

Il buddhismo by Giorgio Renato Franci

autore:Giorgio Renato Franci
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Società editrice il Mulino, Spa
pubblicato: 2009-12-31T23:00:00+00:00


Alcune scuole

Probabilmente non tutti i seguaci di questa tradizione la vissero in forme rigidamente ascetiche, anche se di un ascetismo così particolare. C’è sicuramente stato chi in questa nuova via ha colto soprattutto i valori di una serena adesione al mondo, non sentendolo più come regno del dolore e del male, ma guardandolo con occhi nuovi. Tra gli 84 Siddha per esempio figura uno che fu soprannominato Bhusuku, una specie di michelaccio che invece di studiare mangiava, dormiva e si muoveva per i suoi bisogni, tanto da rischiare di essere espulso da Nālandā, ma gli bastò invocare Mañjuśrī per avere conoscenza e potere. Con l’appoggio di Mañjuśrī divenne poi un grande maestro, Śāntideva, autore di opere come il celebrato Bodhicaryāvatāra, «L’entrata nella pratica del risveglio», un poema che ancor oggi ispira ideali e pratica di devoti buddhisti.

Tipico dell’ultima stagione del Vajrayāna soprattutto nel Bengala è il movimento spontaneista del sahaja (letteralmente «congenito, innato», quindi «facile»). I seguaci di questa via tendono a mettere da parte i complessi apparati dottrinali e rituali, la fioritura di speculazioni, di regole e divieti, puntando piuttosto a un’esperienza diretta di unità con l’assoluto ricorrendo a un beatificante yoga sessuale. Se caratteristica dell’esistenza saṃsārica è il dolore, ciò che allontana da esso è preannuncio, strumento, gusto della liberazione: quello che conta è l’atteggiamento di adesione a questa pura vocazione di libertà senza rispetto per vincoli sociali, monastici, e di qualunque altro genere.

I testi del Sahajavāda non sono numerosi e spesso appaiono volutamente oscuri. Questa tradizione, del resto, proprio per il rigetto che compie delle discipline e dottrine tradizionali del buddhismo, non poteva non confondersi con analoghi avviamenti dell’induismo coevo. Neppure oggi la tradizione del Sahaja, prevalentemente in versione induistica, si può considerare completamente spenta.

Un’altra importante corrente del buddhismo tantrico è quella del Kālacakrayāna («Veicolo della ruota del tempo»), il cui testo classico è lo Śrīkālacakramālatantra («Tantra basilare del venerabile Kālacakra», che, personificato, viene identificato con il Buddha supremo, compendio del divenire, cioè il tempo, la realtà convenzionale e relativa, e del Vuoto, simboleggiato dalla ruota): opera che fu commentata dal già citato siddha bengalese Nāropa, vissuto tra la fine del secolo X e l’inizio dell’XI della nostra era. Il Kalacakrayāna potrebbe forse essere di origini extraindiane: si dice che quando il Buddha mise in moto per la terza volta la ruota del dharma, il Kālacakratantra sarebbe stato rivelato a Sucandra, sovrano di Śambhala, mitico regno del Nord, e qui conservato fino alla sua riapparizione in India alla fine del primo millennio della nostra era. L’opera, riapparsa proprio mentre l’India subiva le invasioni islamiche e il buddhismo indiano viveva la sua crisi decisiva, ebbe grande fortuna soprattutto nelle regioni himālayane, in Tibet, Asia centrale, Mongolia.

Le dottrine del Kālacakra, considerato uno yoga supremo, insegnano una prassi di perfezionamento che sostanzialmente si articola in due fasi: nel corso della prima (lo stadio di generazione) l’adepto visualizza il mondo come un maṇḍala e s’identifica con la divinità principale al centro di esso, staccandosi dal modo comune di vedere la propria



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