Il Corano e la sua interpretazione (2013) by Massimo Campanini

Il Corano e la sua interpretazione (2013) by Massimo Campanini

autore:Massimo Campanini [Campanini, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-05-13T16:00:00+00:00


Note

1 W.M. Watt e R. Bell, Introduction to the Qur’an, Edinburgh University Press, Edinburgh 1970, p. 122.

2 I. Poonawala, voce ta’wîl in Enciclopedie de l’Islam, vol. X, Brill, Leiden 2000, pp. 390-91.

3 Riportato in H. Gätje, The Qur’ân and its Exesegis. Selected Texts, Routledge and Kegan Paul, London 1976, pp. 156-58.

4 Cfr., sul commentario di al-Tabarî, C. Gilliot, Exégèse, Langue et Théologie en Islam. L’Exégèse Coranique de Tabarî, Vrin, Paris 1990.

5 Gätje, The Qur’än and its Exegesis. Selected Texts, cit., p. 37. Il commentario di Fakhr al-Dîn al-Râzî è stato studiato da M. Lagarde; cfr., per es., Index du Grand Commentaire de Fakhr al-Dîn al-Râzî, Brill, Leiden 1996.

6 Cit. in Gätje, The Qur’ân and its Exegesis. Selected Texts, cit., pp. 152-153.

7 H. Ennaifer, Les Commentaires Coraniques Contemporains. Analyse de leur Méthodologie, Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica, Roma 1998, pp. 4 ss.

8 Bausani traduce il termine con «allegorici». Ma, nel nostro linguaggio, l’allegorico (uno dei quattro metodi di interpretazione del testo sacro, insieme al letterale, al morale e all’anagogico) rappresenta bensì ciò che rimanda al di là del senso letterale, ma non in maniera controversa. È interessante notare che Bonelli traduce: «ambigui», e il senso del testo coranico è proprio quello di suggerire qualcosa di ambiguo, di poco chiaro, di difficoltoso. Perciò, cercando una via di mezzo, ho preferito «metaforici», perché la metafora può riprodurre o meno ciò di cui è metafora.

9 Cfr. J. McAuliffe, Quranic Hermeneutics: The Views of al-Tabarî and Ibn Kathîr, in Approaches to the History of the Interpretation of the Qur’ân, a cura di A. Rippin, Clarendon Press, Oxford 1988, pp. 46-62.

10 Cfr., per quanto segue, Il Trattato Decisivo sull’accordo della religione con la filosofia, a cura di M. Campanini, Rizzoli, Milano 1994.

11 Al-Suyûtî, Kitâb al-Itqân fî ‘ulûm al-Qur’ân, cit. da N.H. Abû Zayd in Islam e storia, Bollati-Boringhieri, Torino 2002, p. 172.

12 Questo fatto è apparso chiaro tanto agli studiosi medievali quanto ai moderni: «Come [già] al-Zamakhsharî, alcuni modernisti riconoscono ai versetti mutashâbihât [ambigui o metaforici] il merito d’incitare allo studio, cioè, per dirla in breve con le parole del [commentatore coranico] Ahmad al-Dîn: “I versetti coranici che esprimono fatti sono solidi, mentre quelli che sono oggetto di investigazione sono non chiari [cioè allegorici]”» (J.M.S. Baljon, Modern Muslim Koran Interpretation (1880-1960), Brill, Leiden 1968, p. 52). La questione è decidere su quale piano si debba porre l’investigazione. In effetti, le opzioni possibili sono diverse e possono indurre a qualche aporia. Leah Kinberg ha giustamente rilevato come il termine mutashâbihât non voglia dire soltanto «ambigui», ma anche «simili», il che è più consono per attribuire ai versetti in questione il significato di «metaforici». Esisterebbero, cioè, versetti che sono univoci, i «solidi», e versetti, come appunto i mutashâbihât, che si assomigliano e si rimandano l’un l’altro. Da questo punto di vista, come è immediatamente evidente, si viene a confermare l’inimitabilità del Corano. Se infatti i versetti sono sostanzialmente tutti solidi e, in quanto mutashâbihât, si rassomigliano e si raccordano l’un l’altro, nel Libro sacro non



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