Il crocevia del mito by Jörg Rüpke

Il crocevia del mito by Jörg Rüpke

autore:Jörg Rüpke [Rüpke, Jörg]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDB
pubblicato: 2015-03-02T21:00:00+00:00


4. Prestazioni e limiti del mito

Non tutti i miti riguardano la storia del mondo o i grandi dèi. Un esempio lo offre un poeta latino dell’età augustea, Properzio. All’inizio del 16 a.C., in una delle sue elegie (Elegie IV, 9), raccontò che un giorno Ercole stava guidando i suoi buoi sul colle Palatino a Roma, quando un predone locale di nome Caco glieli rubò e li nascose in un antro, dopo averli trascinati per la coda, in modo che non rimanessero tracce del furto. Grazie al muggito delle bestie, però, Ercole riuscì a stanare il furfante e lo percosse più volte con la clava. Nella spianata dove poco prima aveva recuperato gli animali, l’eroe fu afferrato da una sete insopportabile. Le fonti di un ombroso boschetto, dedicato a una divinità femminile, sembravano promettergli il refrigerio desiderato. Ma alcune fanciulle che stavano giocando nel sacello gli impedirono l’ingresso: non erano ammessi gli uomini. Ercole le supplicò, rivolgendo loro un lungo discorso in cui non mancavano esempi mitologici, compreso un riferimento a Giunone. La sacerdotessa rimase però irremovibile. Stizzito, Ercole decise di forzare l’ingresso. Placò così la sua sete e consacrò un «altare molto grande (Ara maxima)» in segno di ringraziamento per aver ritrovato i suoi buoi. Pose però una condizione affinché la sua sete fosse vendicata in eterno: nessuna donna avrebbe potuto avvicinarsi all’altare.

Quello che accade in questa storia è abbastanza chiaro. Sulle sponde del Tevere, accanto al mercato degli animali di Roma, sorgeva l’Ara massima, un altare consacrato al culto di Ercole. Qui i grandi mercanti e i generali offrivano un decimo dei loro guadagni; qui i magistrati portavano le loro laute offerte. Il fatto però che le donne fossero escluse da questo culto aveva bisogno di una spiegazione. Il mito ne fornisce una, descrivendo ciò che in latino si chiamava causa e in greco aition. È qui che risiede l’interesse del testo. Questi racconti si chiamano «miti eziologici» proprio perché spiegano in forma narrativa come mai le cose stanno in un certo modo: se le cose stanno così, affermano i miti, è perché lo sono diventate e spesso lo sono diventate grazie all’intervento degli dèi. Dato che questi testi erano molto diffusi, più ipotesi rivaleggiavano tra loro per spiegare l’origine di una particolarità geografica o di un’istituzione culturale. Spesso non tutti i dettagli erano esatti: nel racconto, ad esempio, Ercole non ringrazia se stesso per il ritrovamento dei buoi, perciò il destinatario del culto da lui istituito avrebbe dovuto essere un altro. Il poeta, però, non sembra prestare attenzione a questo particolare; Properzio, la cui celebrità era legata alle poesie d’amore, riteneva più importante concentrarsi sul contrasto tra i due sessi. Nella storia delle religioni, dunque, l’uso di questi testi non è semplice, anche perché spesso sono l’unica fonte per ricostruire la nascita di un culto. Dobbiamo perciò credere che il poeta volesse davvero spiegare l’origine della vecchia regola dell’esclusione delle donne e che non si trattava di un semplice espediente narrativo privo di fondamento.

La prestazione di alcuni miti non si fermava ai confini della città.



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