Il giardino di fumo: e altri racconti del mistero by Gilbert Keith Chesterton

Il giardino di fumo: e altri racconti del mistero by Gilbert Keith Chesterton

autore:Gilbert Keith Chesterton [Chesterton, Gilbert Keith]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Short Stories (single author), General, Classics, Mystery & Detective, Traditional, Collections & Anthologies, Foreign Language Study, English as a Second Language
ISBN: 9788867085958
Google: eVukDAAAQBAJ
editore: Edizioni Lindau
pubblicato: 2016-07-13T22:00:00+00:00


1 Via di Londra con un’alta concentrazione di studi medici [N.d.T.].

2 Si tratta del poema Requiescat di Matthew Arnold (1822-1888) [N.d.T.].

3 Si riferisce al racconto di Balzac La peau de chagrin, pubblicato nel 1830, in cui una pelle d’asino magica realizza i desideri del suo possessore ma ogni volta si restringe sempre più [N.d.T.].

Il cinque di spade

Era stata senza dubbio una strana coincidenza che i due amici, il francese e l’inglese, avessero discusso di quel particolare argomento in quel particolare mattino. La coincidenza potrebbe però apparire meno strana a una mente razionale, quando questa venisse a sapere che i due avevano discusso di quello stesso argomento ogni singola mattina del mese durante il quale avevano intrapreso il loro viaggio a piedi nelle campagne a sud di Fontainebleau. Anzi, proprio quella combinazione di ripetitività di discorsi e varietà di paesaggio aveva offerto alla mente più logica e paziente del francese l’occasione per muovere la sua critica finale.

«Amico mio,» disse, «avete dichiarato un mucchio di volte di non riuscire a capire il senso del duello francese. Permettetemi di osservare che per parte mia non riesco a capire il senso della critica inglese al duello francese. Quando ne abbiamo discusso ieri, ad esempio, mi avete canzonato per la vicenda del vecchio Le Mouton con quel giornalista ebreo di nome Vallon. Siccome quel poveretto del senatore se l’è cavata con un graffio al polso, l’avete definita una farsa».

«E voi non potete negare che sia stata una farsa», replicò l’altro con la massima flemma.

«Ora però,» riprese l’amico, «siccome ci troviamo per caso vicino al Château d’Orage, vi mettete a disseppellire il cadavere dell’antico conte che fu ucciso in questo luogo, Dio solo sa quando, da un soldato di fortuna austriaco vagabondo, e in uno scoppio di rettitudine tutta inglese dichiarate essersi trattata di una terribile tragedia».

«Certo, e non potete negare che lo sia stata», rincarò l’inglese. «Dicono che la povera giovane contessa, incapace di continuare a vivere qui nel ricordo dell’episodio, abbia venduto il castello e si sia trasferita a Parigi».

«Parigi ha le sue consolazioni religiose», commentò il francese con un sorriso leggermente severo. «Ma credo che siate irragionevole. Una cosa non può essere negativa perché è troppo pericolosa o troppo sicura. Se il duello è incruento, chiamate il nostro povero spadaccino francese un idiota. E se finisce in un bagno di sangue, come lo chiamate?».

«Lo chiamo un maledetto idiota», replicò l’inglese.

Le due figure dimostravano bene quanto la nazionalità sia reale, e quanto essa sia slegata dalla razza; o perlomeno dai tipi fisici solitamente associati alla razza. Perché Paul Forain era alto, magro e biondo, eppure francese fino alla punta dei capelli, del pizzetto e delle lunghe scarpe sottili, e soprattutto francese per una certa curiosità solenne che gli increspava la fronte in una ruga permanente: riuscivi quasi a vederlo pensare. Mentre Harry Monk era piccolo, di corporatura robusta e scuro di capelli, eppure senza alcun dubbio inglese – inglese nei suoi tweed grigi e nei corti baffetti marroni; e soprattutto inglese nella sua completa assenza di curiosità, almeno finché questa era compatibile con la cortesia.



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