Il trio dell'arciduca: Le indagini di Neron Vukcic by Hans Tuzzi

autore:Hans Tuzzi [Tuzzi, Hans]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: General, Mystery & Detective, Fiction, Foreign Languages, Italian, Mystery; Thriller & Suspense, Crime; Thriller & Mystery, Mystery, Literature & Fiction, Foreign Language Fiction
ISBN: 9788833973104
Google: gyZJAwAAQBAJ
Amazon: B00JJRPD7U
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2014-04-16T22:00:00+00:00

9. Erano partiti alle tre del mattino

Erano partiti alle tre del mattino, l’autista sapeva bene che, stante la difficoltà della strada che corre per una ripidissima salita scoscesa fino alla cima dei monti sovrastanti, vetta dopo vetta, a perdita d’occhio, è consigliabile intraprendere il viaggio da Sarajevo a Belgrado in modo da non arrivare di notte.

«Skok, Jelko Skok, ma tutti mi chiamano Saku» si era presentato l’autista, asciutto, sui trentacinque, capelli color stoppa. «Oskar Kristeller» aveva grugnito il corpulento passeggero. Tutt’altro che lieto, squadrava sospettoso il trabiccolo al quale stava per affidare la vita: un furgone Daimler U1T, aveva spiegato compiaciuto Saku, un modello entrato in produzione soltanto due anni prima. Il motore, tedesco (e qui la voce aveva assunto un tono d’incondizionata ammirazione), con quattro cilindri e cambio a quattro marce, erogava una potenza tale da consentire al camion, mediante l’albero di trasmissione, di toccare i 35 chilometri orari.

«Si scordi d’andare a una velocità così palesemente folle con me sopra» intimò Vukcic, e l’altro, senza ironia: «Si tranquillizzi, se andassi a quella velocità si uscirebbe di strada».

Di lì a due ore il mondo sarebbe rinato alla luce.

Guardarono entrambi, d’istinto, le enormi montagne, muraglia scoscesa intorno alla città: e pensare che si deve salire fin sulla loro cima per quella strada a serpentina con più di sessanta curve, nastro bianco sul nero della pietra, tutta tagliata a picco sulla nuda roccia, sostenuta da muraglioni di dieci, anche quindici metri d’altezza... Finire fuori strada?

Con un sogghigno, allora, Jelko Skok aggiunse: «Ma non andremo fuori strada». Quindi, prendendo le misure al passeggero: «Lei poi è una buona zavorra. Per sua informazione, il peso totale ammesso è 3.000 kg, dei quali 1.500 riguardano il carico utile».

«Ci avanza» borbottò Neron: «Non arrivo ai cento». Per essere precisi, pensò, novantasei. Ma era alto, sì, alto una buona spanna sopra Saku.

Dopo che per un’ora il Daimler si era inerpicato lento fra maestose foreste di abeti – una coppia di caprioli aveva attraversato a balzi la strada davanti a loro, e potevano sentire, intermittente, il tamburellare del picchio – Saku guardò di soppiatto il compagno di viaggio, lanciò un’occhiata al retrovisore e: «Ha degli amici, qui?» chiese indifferente.

«Perché?» grufolò Vukcic, che stringeva teso la maniglia della portiera.

«Perché siamo seguiti. Una Diatto Clément T10/12».

«Non potrebbero fare semplicemente la stessa strada? Non esistono solo i furgoni della compagnia di trasporti Schenker, sulla strada fra Sarajevo e Belgrado». In realtà, sapeva benissimo di chi era quell’auto. L’aveva vista percorrere lenta il lungofiume, cronometrata da Josif Pirk.

«No, certo che no» acconsentì conciliante Saku. «Quell’auto è più veloce di noi, ma ammetto che sorpassarci qui può essere rischioso. E magari si tiene a distanza fissa di un centinaio di metri soltanto per non mangiare la nostra polvere. Sì, sì, ha ragione lei». Guardò con intenzione la sacca che Vukcic s’era tenuto in grembo dopo aver stipato la valigia nel cassone di carico dell’automezzo, e: «Lei gira armato?»

«No».

«Già, perché dovrebbe?» chiuse lì Sako con un lieve risolino frusciante.

Vukcic ignorò l’ironia, chiuse gli occhi,

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