Implacabile by Tim S. Grover

Implacabile by Tim S. Grover

autore:Tim S. Grover [Grover, Tim S.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2021-03-11T12:00:00+00:00


#1. Se sei un Cleaner...

... non ti metti in competizione con nessuno, scopri la debolezza dell’avversario e attacchi

Un Cooler fa un buon lavoro e si aspetta una pacca sulla spalla.

Un Closer fa un buon lavoro e si dà una pacca sulla spalla.

Un Cleaner fa un buon lavoro e basta: è il suo lavoro.

Se sei un Cleaner, non esiste una partita insignificante. Non importa se è il primo evento precampionato, una sfida dell’All-Star Game a metà stagione o l’ultima partita di un campionato fallimentare: un Cleaner scende in campo per giocare.

Durante l’All-Star Game del 2012 il clima si surriscaldò: Dwyane fece un fallo su Kobe, gli diede una brutta botta e gli ruppe il naso. Anche per una partita della stagione regolare sarebbe stato un bel guaio, ma era l’All-Star Game e un sacco di gente pensò che Dwyane aveva passato il segno.

Un Cleaner è così: vede una situazione, il suo killer instinct sfonda e lui attacca. Ho la situazione in pugno. È così che funziona per me. Senza rancore.

Questa storia però riguarda due Cleaner, e dopo la partita c’era Kobe circondato da una schiera di medici, funzionari della lega e personale di squadra che cercavano di esaminarlo e portarlo in ospedale. Lui riusciva a malapena a muoversi, aveva il naso rotto, la testa che rimbombava, eppure si rifiutava di andarci. Perché? Perché voleva vedere Dwyane e sistemare le cose.

Alla fine riuscimmo a convincerlo a uscire, Dwyane si scusò il giorno dopo, Kobe rifiutò di saltare una sola partita e la storia finì nel dimenticatoio. Senza rancore.

Credetemi, però: se due individui implacabili, che non mollano mai, si mettono l’uno contro l’altro, il conflitto può durare per anni. Potranno anche mostrarsi gentili, passare del tempo insieme, andare apparentemente d’accordo... Ma, dentro, i Cleaner non perdonano, e tanto meno dimenticano.

La competitività tra Cleaner è così: le danno, le prendono e si assicurano che lo facciano anche gli altri.

Non tutti però sanno prenderle. Io ho una teoria, ancora da confutare: i giocatori sopra i due metri e otto non sanno gestire le critiche dure e provocatorie. Sotto i due metri e otto puoi aggredirli e punzecchiarli come vuoi. Ma se sono più alti perderanno le staffe e si chiuderanno a riccio. Penso sia la conseguenza di una vita passata a essere fissati, indicati col dito e fatti oggetto di battute sull’altezza: per questo le persone alte diventano più sensibili e facili all’imbarazzo. Sono emotivamente fragili. In partita potranno anche essere spietate, ma restano quelle che devi gratificare con una pacca sulla spalla, spronare, incoraggiare, lodare per quello che stanno facendo. E i giocatori piccoli? Puoi coprirli di ogni insulto immaginabile e non faranno una piega.

Porterò un esempio di come individui diversi possano reagire a una provocazione in gara. Risale a una delle corse al campionato dei Bulls: Scottie Pippen stava cercando di caricare Luc Longley durante le finali, i giocatori erano tutti riuniti prima della partita e Scottie parlava con Luc, che è alto due metri e diciotto. «Devi giocare una partita grandiosa, Luc» disse.



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