La brigata by Howard Blum

La brigata by Howard Blum

autore:Howard Blum
La lingua: ita
Format: epub


28

Leah attese la sua punizione, ma passò un'intera settimana e non vi furono recriminazioni. Quando l'ufficiale russo venne infine da lei, la caricò su un carro e la portò alla stazione ferroviaria. La guerra era finita.

Leah tornò a Reflovka. Rivedendo per la prima volta il villaggio da dove era fuggita tre anni prima, non si fece alcuna illusione che fosse ancora casa sua. L'aspetto esterno era familiare, ma ora le vie e le case le erano estranee come quelle delle città che aveva intravisto dal finestrino. Tuttavia aveva bisogno di un posto dove stare e non aveva denaro. Andò con riluttanza alla casa dove aveva abitato con i genitori e il fratello.

Un soldato russo in piedi accanto alla porta chiese: «Che cosa vuoi?» Leah ebbe il sospetto che avesse bevuto, ma cercò di spiegargli il suo problema. «Questa è casa mia» disse. «Abitavo qui prima della guerra.»

«Può anche darsi» replicò lui. «Ma ora è nostra. Vattene.»

«Dove posso andare?» Il russo rifletté un istante, poi disse: «Vattene o te ne pentirai».

Leah percorse la via principale, sbirciando attraverso le finestre.

Doveva trovare una stanza dove stare, una maniera di fare soldi per comprarsi da mangiare. Una luce proveniente da una finestra al pianterreno si spandeva nella strada. Guardando dentro, Leah vide una donna ebrea che faceva il bucato. Non la riconobbe, ma bussò alla porta.

«È tornato qualche ebreo?» chiese. «Qualcuno è sopravvissuto?» C'era una famiglia in fondo alla strada, rispose la donna. Un padre e le sue due figlie erano fuggiti nella foresta, si erano nascosti in un altro villaggio durante la guerra e adesso erano tor nati. Abitavano nella casa accanto alla sinagoga.

«È la casa di Simcha Bert» disse Leah.

La donna scrollò le spalle. Era una forestiera.

Leah la ringraziò e corse via. La possibilità che la sua amica e compagna di scuola Pesel fosse sopravvissuta la riempiva di eccitazione. Prima della guerra, Pesel veniva a trovarla tanto spesso che era considerata parte della famiglia Pinchuk. Diceva sempre a Leah con gratitudine: «Tua madre è mia madre».

La ragazza bussò alla porta. Un uomo con una lunga barba bianca incolta venne ad aprire. L'ultima volta che Leah lo aveva visto, Simcha aveva la barba scura, un bel pancione e un largo sorriso sulla faccia rotonda. Ora aveva l'aspetto di un uomo arrivato alla fine di una vita lunga e difficile.

«Leah?» Prima che potesse rispondere, lui l'abbracciò e le chiese fra le lacrime: «I tuoi genitori?».

Leah potè soltanto scuotere il capo singhiozzando.

«Allora diventerai mia figlia» disse Simcha. «Starai in casa mia.» Prima della guerra Simcha faceva il macellaio e riprese ben presto il suo vecchio lavoro. Portava a casa carne, verdura, pane fresco. Gli odori familiari che riempivano la cucina confermavano che il mondo aveva ritrovato la ragione. Leah dormiva in un leto con un materasso. Le due figlie di Simcha erano le sue sorelle.

Aveva qualcuno con cui parlare. «Ti stanno crescendo i capelli» le disse Pesel. «Hanno un così bel colore. Sarai bellissima.» Si poteva quasi credere che le cose fossero sempre state così.

Ma la vita in casa di Simcha, per quanto ordinata, razionale e persino dolce, era solo un intermezzo.



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