La produzione della devianza: teoria sociale e meccanismi di controllo by Alessandro Dal Lago

La produzione della devianza: teoria sociale e meccanismi di controllo by Alessandro Dal Lago

autore:Alessandro Dal Lago [Lago, Alessandro Dal]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Sociology, General
ISBN: 9788887009156
Google: jU65AAAAIAAJ
editore: ombre corte
pubblicato: 2000-10-15T09:54:23+00:00


Egli considerava come un fatto stabilito che la costanza fosse osservabile solo nelle manifestazioni più generali dell'attività umana; invece la ritroviamo, e allo stesso grado, anche nelle manifestazioni sporadiche che si verificano su punti isolati e rari del campo sociale (41).

La spiegazione della regolarità di certi fenomeni non va quindi cercata nel presunto dominio di un tipo medio ma nell'esistenza di correnti collettive che determinano l'esistenza di ciò che viene dichiarato illecito e illegale (42). La professione criminale è una forma normale di divisione del lavoro perché svolge una funzione positiva per il mantenimento della solidarietà sociale. Durkheim offre una giustificazione esauriente di questa funzione quando discute le regole di una corretta distinzione tra fenomeni normali e patologici. Il reato non solo è inevitabile, come già avevano affermato gli statistici morali, ma è necessario perché è "un fattore della salute pubblica, una parte integrante di ogni società sana" (43). Esso è normale perché qualunque società che ne fosse privata non potrebbe sopravvivere. Infatti il reato non è che la misura e la conferma di una moralità collettiva; perché il reato si estingua, dice Durkheim, sarebbe necessaria una totale omogeneità delle coscienze e delle personalità, mentre invece lo sviluppo della divisione del lavoro conduce proprio a una tendenza opposta. Il reato misura la disomogeneità delle società complesse e inoltre rafforza la funzione coesiva della morale e del diritto. Il reato è in definitiva un fattore di mutamento e di evoluzione della morale: "Quante volte infatti, il reato non è altro che una anticipazione della morale futura, il primo passo verso ciò che sarà!" (44) Inoltre, se il reato non è un fenomeno patologico, la pena non può essere considerata come un rimedio. Tuttavia, essa è necessaria perché sancisce l'esistenza del reato come limite della moralità pubblica. Nel delitto la società si specchia e riconosce se stessa. Nella pena, mediante la sanzione della differenza, essa conferma la propria identità. Il criminale quindi deve essere punito, non perché la pena sia giusta in sé o utile, "ma per riaffermare la legittimità della società e del potere che punisce" (45).

In questo modo, Durkheim stabilisce alcuni principi fondamentali dell'analisi sociologica della criminalità. Se la pena non è un rimedio pratico ma un mezzo con cui la società afferma la solidarietà, allora la funzione delle istituzioni giudiziarie (e quindi degli apparati, delle procedure e delle professioni legate all'esistenza di reati) è soprattutto quella di celebrare, in riti in cui i delinquenti esercitano il ruolo di vittime sacrificali, la santità sociale del giudizio, e quindi il diritto di punire (46). Evidentemente per Durkheim non ha importanza stabilire una priorità logica o causale tra la produzione di reati e le attività delle istituzioni punitive. Non diversamente da Marx, che aveva sottolineato la funzione economica della criminalità, e che parlava del delitto come fattore di innovazione e di rafforzamento delle istituzioni e delle professioni giudiziarie, delitto e punizione sono complementari: la società ha bisogno del delitto e incessantemente lo riproduce per le sue necessità.

Il discorso di Durkheim si arresta a questi livelli molto generali e alle definizioni di principio.



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