La situazione è grammatica by Andrea De Benedetti
autore:Andrea De Benedetti [De Benedetti, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858418994
editore: Einaudi
pubblicato: 2017-07-03T16:00:00+00:00
1 Adnkronos, 4 agosto 2008.
Capitolo quindicesimo
(Non) dategli del gli
Vuoi bene alla tua fidanzata? La ami, la rispetti, la temi? Non darle mai del «gli». Non sia mai che gli, anzi le, vengano i cinque minuti. «Gli ho detto», «gli ho parlato», «gli voglio bene» sono frasi che vanno bene se riferite a un uomo, non a una donna. A una donna, quando se ne parla in terza persona con un complemento indiretto, si dà del «le»: le ho dato, le ho detto, le voglio bene. Usare gli equivale a regalarle per il compleanno una cravatta o un abbonamento premium a Youporn. Anzi è peggio, perché conosco diverse donne che non si farebbero problemi a indossare un papillon o a navigare su siti osé, ma quasi nessuna che sarebbe disposta a rinunciare al proprio genere grammaticale. Di fatto, mi viene in mente soltanto l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, la quale, appena insediatasi sullo scranno piú prestigioso di Montecitorio, invitò i giornalisti a chiamarla «il Presidente» e non «la Presidente», in quanto, a suo parere, il termine presidente indicava un ruolo e non la persona deputata a ricoprirlo. In compenso, se nel settembre 2012 l’ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti avesse letto un articolo in cui, a proposito del suo debutto nella moda milanese, l’intervistatore scriveva: «E a chi gli fa notare che un consigliere ha altri strumenti per sostenere l’economia, risponde piccata: “Allora un politico non si può mettere in costume?”», avrebbe avuto tutti i diritti di offendersi. Non tanto per l’insinuazione vagamente sessista, quanto per il maltrattamento morfologico. Con tutto il male che se ne può dire e pensare, con che coraggio dare del gli a Nicole Minetti?
In Piemonte, dove sono nato e vivo, è invece consuetudine dare del le ai maschi – «le ho dato», «le ho detto», «le ho parlato» anziché «gli ho dato», «gli ho detto», «gli ho parlato» – piccola ma significativa rivincita del genere femminile nei confronti di un universo grammaticale controllato dagli – e asservito agli – uomini. Pure quello è un errore, naturalmente, ma è un errore in qualche modo riparatore, giustificato oltretutto dal fatto che in piemontese il pronome indiretto per la terza persona singolare è effettivamente uno solo – j –usato promiscuamente per maschi e femmine.
Dopodiché è chiaro che l’evoluzione linguistica tende a procedere nel senso inverso, ed è probabile che prima o poi il maschile si annetta, in nome della semplificazione dei paradigmi, anche questo lembo di morfologia, dopo aver fatto in passato man bassa di quasi tutti i sostantivi neutri latini, dei nomi delle professioni piú prestigiose (ministro, avvocato, magistrato) e della maggior parte dei vocaboli – fratellanza, paternità, patria – che pur essendo declinati al femminile, attribuiscono ai maschi sentimenti o prerogative universali.
Diverso il discorso che riguarda il pronome indiretto di terza persona plurale. In quel caso dare del gli a una pluralità di soggetti («Anche se coi miei genitori litigo spesso, gli voglio ugualmente molto bene»), è quasi un atto dovuto. Magari non all’esame di maturità
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