La Soglia by Ursula Kroeber Le Guin

La Soglia by Ursula Kroeber Le Guin

autore:Ursula Kroeber Le Guin [Guin, Ursula Kroeber Le]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Nord
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Dopo aver fatto colazione presto, Irene lasciò la locanda; dove la strada del sud si congiungeva alla via della piccola città svoltò a sinistra, passando davanti alla bottega di Venno il carpentiere e alla casetta della vecchia Geba. Camminava svelta, e le scarpe robuste scostavano la gonna ad ogni passo, lasciando intravvedere le calze a righe. Teneva le mani chiuse e le labbra strette. La strada non lastricata costeggiava il cortile del tagliapietre, deserto. Attese lì, dapprima irrequieta, camminando fra i cedri e i blocchi di pietra appena sgrezzata, e poi sprofondò nella passività dell'attesa, così che quando finalmente lo vide arrivare non provò sollievo e neppure una grande comprensione. I suoi sentimenti sembravano distaccati dalla sua mente e dai suoi sensi. Lo guardò avvicinarsi, magro, agile, scuro, con un bel volto scuro, ed era come se non l'avesse mai veduto prima e non lo conoscesse. Lui camminava svelto, un po' rigido, e non si fermò quando passò davanti al cortile del tagliapietre. Parve che non la guardasse. — Vieni — disse. Irene lo raggiunse sulla strada. Lui aveva l'aspetto solito, ma portava una giubba di stoffa pesante e un coltello o pugnale nel fodero, appeso alla cintura, come facevano un tempo i mercanti quando scendevano dalla montagna, eppure c'era un cambiamento, in lui; aveva sempre lo stesso aspetto, ma lei non lo conosceva.

La strada girava leggermente. Ora volgevano le spalle alla città, e alla soglia che era molto più indietro. La strada incominciava a discendere in una gola fra alti argini rossicci di terra.

— Vieni! — ripeté lui. Irene aveva soltanto rallentato il passo per restare con lui.

Prosegui per un breve tratto.

— Padrone — disse, voltandosi. Lui s'era fermato. La fissava. Gli occhi e il viso erano stranissimi. Venne avanti, camminando direttamente verso di lei come se fosse cieco. Irene ebbe paura di lui.

— Aspetta — disse il Padrone; la sua voce era esile, e lei vide che gli tremava il mento. — Aspetta. Io... — S'era fermato di nuovo. Si guardò intorno, girando la testa con un gesto tremulo, guardando le scarpate della gola, e la strada, oltre lei. Avanzò di un altro passo e poi con un grido sibilante e lamentoso cercò di voltarsi e le ginocchia gli cedettero; si accasciò sulle mani e sulle ginocchia e poi, barcollando, si precipitò, risalendo la strada. Non avevano percorso più di cento metri dopo il cortile del tagliapietre. Irene lo raggiunse là. — Padrone — disse, — non fare così, va tutto bene... — Cercò di prendergli il braccio. Lui la respinse con la forza cieca del panico, scagliandola attraverso la strada, e continuò a correre verso la città, emettendo quell'esile grido sibilante.

Irene si rialzò: le girava la testa e si era scalfito un avambraccio sulla pietra. Si spolverò la gonna e rimase per un po' ferma, stordita. Si avvicinò lentamente a un blocco di granito sgrezzato e vi sedette, con le braccia premute contro il ventre, la testa affondata sulle spalle. Sentiva un po' di nausea, e l'impulso di urinare; alla fine, andò al fosso sotto i vecchi cedri e si accoccolò lì.



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