L'alba dei libri by Alessandro Marzo Magno

L'alba dei libri by Alessandro Marzo Magno

autore:Alessandro Marzo Magno [Magno, Alessandro Marzo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2011-12-12T23:00:00+00:00


Si diceva all’inizio che la cartografia è intimamente legata alla guerra. Per combattere, sia a terra sia in mare, servono le carte. E la Venezia cinquecentesca non è solo, come noi oggi tendiamo a pensare, la città di Tiziano, Tintoretto e Veronese, di Sansovino e Palladio, una culla delle arti, insomma, ma anche una potenza militare. Anzi, era «la» superpotenza dell’epoca. In campo navale non c’era discussione: i turchi riuscivano a battere i veneziani solo in superiorità numerica, la bravura dei comandanti e degli artiglieri della Serenissima non aveva rivali. Ma anche per terra le truppe veneziane erano un osso duro, si è già detto che per fermarle poco prima di Milano si erano dovute coalizzare tutte le maggiori potenze del tempo.

Venezia era una superpotenza con comportamenti in qualche modo paragonabili a quelli del gigante dei nostri tempi, gli Stati Uniti. Per esempio i veneziani giravano regolarmente armati, molto di più di qualsiasi altro loro contemporaneo, e la repubblica era uno dei più importanti esportatori d’armi del tempo. A Brescia si forgiavano corazze, lame per spade, punte di lance, e si assemblavano armi da fuoco; nel Bresciano, a Gardone Val Trompia, e in Friuli, a Pontebba, si fabbricavano canne per armi da fuoco (e la gardonese Beretta è tutt’oggi uno dei più importanti produttori di armi leggere del mondo); a Verona si produceva equipaggiamento per cavalleria; mentre nelle valli a nord di Brescia e a Montona (Motovun), in Istria, venivano tagliate e sagomate le aste per lance, alabarde e partigiane (tipo di lancia dalla punta triangolare con due alette). «Le sole forniture che Venezia doveva importare erano i più sofisticati tipi di otturatore per pistole e archibugi, lo zolfo e una parte del salnitro occorrente per la polvere da sparo, il rame per i cannoni di bronzo.»45 Nella stessa Venezia, come già accennato, si producevano armi leggere (frecce e spade), mentre «la totalità dei cannoni in bronzo veniva fusa nell’Arsenale. L’armeria dell’Arsenale medesimo [saccheggiata e dispersa da Napoleone] era ritenuta in condizione di rifornire diecimila soldati e, insieme con la più piccola, ma più selezionata armeria del consiglio dei Dieci, costituiva una segnalata attenzione per visitatori importanti. Le gare di tiro al Lido potevano attirare fino a ottocento concorrenti di tutti i ceti sociali».46 Inoltre nello stato veneto le armi erano diffusissime, era normale possederne, e quello veneziano era a quei tempi il governo più di ogni altro disposto a fidarsi dei propri governati, «atteggiamento incoraggiato dalla mancanza di rivolte a bordo delle navi sulle quali ogni uomo, dal rematore al patrizio che ne aveva il comando, era armato in vista della possibilità di un combattimento sul mare».47

Tutto questo apparato bellico deve ovviamente essere governato e di conseguenza «nessun’altra classe di governo aveva un interesse così motivato per le questioni militari come il patriziato veneto»48 e i nobili sono, mediamente, persone istruite che di conseguenza leggono. Inoltre i patrizi, a rotazione, ricoprono cariche militari per mare e per terra per poi entrare negli organismi politici che determinano le politiche belliche – Senato, consiglio dei Dieci, Collegio – portandovi l’esperienza maturata sul campo.



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