L'Italia della controriforma - 1492-1600 by Indro Montanelli Roberto Gervaso

L'Italia della controriforma - 1492-1600 by Indro Montanelli Roberto Gervaso

autore:Indro Montanelli, Roberto Gervaso
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 1968-01-30T05:00:00+00:00


CAPITOLO VENTICINQUESIMO

LA MANTOVA D’ISABELLA E DEL MANTEGNA

Isabella d’Este, della potente casata dei Signori di Ferrara, aveva sei anni quando, nel 1480, venne fidanzata al figlio del Marchese di Mantova e suo futuro erede. I matrimoni a quei tempi erano considerati – e non soltanto nelle Case regnanti – una cosa troppo seria per lasciarli decidere agli interessati sulla base di un elemento instabile e precario come l’amore. Li contrattavano i genitori con la consulenza di notai, tenendo conto soprattutto delle convenienze politiche, dei titoli e delle doti.

Di doti, Isabella aveva soltanto quelle fisiche e intellettuali. Gli Este erano ricchi ma spendaccioni, e alla fine di ogni mese gli mancava sempre qualche lira per quadrare il bilancio. La borsa d’Isabella era quindi piuttosto sguarnita quando arrivò, sposina sedicenne, a Mantova. Ma non ebbe bisogno di ricorrervi per sedurre tutti, dal suocero in giù. Tiziano la ritrasse slanciata ed elastica come una indossatrice moderna, con occhi neri e capelli biondissimi. Forse la cortigianeria del pittore, che oltre tutto la conobbe già passatella, aggiunse qualcosa all’originale. Ma bella era di certo e di straordinaria eleganza perché anche i Veneziani, i Francesi e i Fiorentini, che non avevano nessuna ragione di adularla, la chiamarono «lo specchio della moda» e «la regina del gusto».

Ma erano soprattutto le maniere e la conversazione che la rendevano irresistibile. Sapeva di tutto: di latino, di greco, di filosofia; ma lo sapeva solo con chi ne sapeva altrettanto o di più; con gl’ignoranti fingeva di esserlo anche lei. E fu così che si fece amare da tutti quei gaudenti, ma grossolanotti e maneschi Gonzaga, che dapprincipio avevano temuto di sentirsi in imbarazzo per i loro errori di grammatica e di sintassi.

L’unico che non subì mai il suo fascino fu il marito. Gianfrancesco era un bullo dal corpo tracagnotto, dalla fronte bassa sotto la capigliatura folta e ruvida, che amava la caccia e la guerra, e concepiva le donne come il riposo del guerriero. L’unica a cui rimase a suo modo fedele non fu la moglie, ma l’amante Teodora, che si conduceva al seguito quando andava a torneare nelle città vicine, e a cui pretendeva che tutti rendessero omaggio come alla sua legittima consorte.

Isabella non se ne mostrò mai ferita. Veniva da una famiglia e da una città dove ne aveva viste di peggio. Essa stessa era figlia di un figlio illegittimo. Ma oltre all’educazione e all’esempio, doveva renderla refrattaria alla gelosia anche una certa frigidità. Non ne abbiamo, s’intende, la prova. E se spesso non riusciamo a capire il carattere della nostra moglie, figuriamoci se riusciamo ad afferrare quello di una donna di cinquecent’anni orsono. Ma sta di fatto che in quella società di corte, in cui l’adulterio era la regola, Isabella rimase fedele a un marito che le dava il diritto di non esserlo, e senza che l’astinenza la rendesse acida e moralista.

Le occasioni certamente non le sarebbero mancate perché aveva intorno a sé il meglio di tutto: della pittura, della poesia, della cultura, dell’intelligenza, della galanteria. Essa si



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