L'uomo impossibile - La luce del Vril by Carlo Alberto Orlandi

L'uomo impossibile - La luce del Vril by Carlo Alberto Orlandi

autore:Carlo Alberto Orlandi [Orlandi, Carlo Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Giallistica, marzo
editore: Tre60
pubblicato: 2019-10-29T23:00:00+00:00


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La missione della Sezione M

L’isola del Cane sorgeva in mezzo a dei bassi fondali, a nord-ovest degli Alberoni e a sud-est del Tronchetto. Era poco più di uno scoglio, che tuttavia ai tempi della Serenissima aveva fatto parte della batteria difensiva: la casa che vi sorgeva era stata ricavata nell’Ottocento proprio ristrutturando il piccolo forte militare, da tempo abbandonato.

Un motoscafo aveva portato Marconi e i suoi collaboratori fino al Lido, in una corsa notturna in cui i tre giovani avevano lasciato vagare gli occhi sulle luci della città che si allontanava nel silenzio spezzato dal rombo del motore, mentre l’esotico nome di Kiram Dukkha, quasi un personaggio salgariano, e il «navigare nell’oceano del tempo» aprivano alla loro fantasia scenari fantastici. Marconi e la Venturi guardavano invece avanti, parlando tra loro a bassa voce.

Dal Lido, furono costretti a cambiare mezzo, poiché per i bassi fondali occorreva qualcosa di più adatto, ovvero un tradizionale bragozzo, la tipica imbarcazione in legno dal fondo piatto. Un motore sputacchiante impiegò oltre un’ora per portarli a destinazione, un’ora di navigazione nel buio più assoluto, tra canneti e milioni di stelle, fredde e ignote come il loro destino. Infine, una tremolante luce annunciò che erano in vista dell’isola del Cane, abitata dalla famiglia Torrebruna.

Un anziano servitore li attendeva al piccolo imbarcadero, una lanterna in mano. L’uomo si inchinò rispettosamente di fronte a Marconi, aiutò la Venturi e Ondina a scendere dal bragozzo e fece strada verso la villetta, accompagnato dal gracidio delle rane. Il suo volto esprimeva un’accorata preoccupazione.

Pochi minuti dopo il gruppo si ritrovava in una sala adibita a biblioteca, in attesa della signora Torrebruna. Una stufetta mandava un calore insufficiente e le poltrone e il tappeto, pure di lusso, sembravano logori. Non c’era luce elettrica. Alcuni candelabri illuminavano la stanza in modo funereo.

Mentre attendevano, Romolo chiese: «Marchese... ma chi è, insomma, questo Kiram Dukkha?»

Lo scienziato bevve un goccio di un cordiale che l’anziano servitore aveva portato a tutti e rispose, a bassa voce: «Un fisico. Un grande fisico, a onor del vero. Di origine indiana, ha studiato nei migliori college inglesi. Credo abbia poco meno di cinquant’anni. Nel 1927 mi mise a parte di un progetto cui stava dedicandosi da anni... coadiuvato da un piccolo gruppo di altri scienziati, ognuno in uno specifico campo. A farla breve, mi invitò a vedere coi miei occhi la sua scoperta. Accettai e andai al suo laboratorio, in Svizzera. Fece una... dimostrazione». Marconi si interruppe, e nei suoi occhi gli ascoltatori videro brillare la meraviglia, come se lo scienziato stesse rivivendo quell’esperienza. «Funzionò. Ma era solo un piccolo tentativo, un primo successo... aveva bisogno del mio aiuto per poter procedere a un esperimento più importante, definitivo, e per certi versi, pericoloso. E devo dire, per onestà, che diedi quell’aiuto che mi era stato richiesto. Forse ero accecato dall’eccezionalità della scoperta, e certo non avevo motivo di sospettare che un luminare come il professor Dukkha potesse avere altri interessi... fatto sta che lo aiutai.»

«Perdonate, marchese» chiese Ondina, approfittando di una pausa nel racconto.



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