Nome in codice: Renata by Alessandro Carlini

Nome in codice: Renata by Alessandro Carlini

autore:Alessandro Carlini [Carlini, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Utet
pubblicato: 2023-03-21T10:00:00+00:00


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La prigione di Ines

Mentre parliamo del periodo a Monopoli la mente di Paola torna indietro a quel giorno. «Quelli dell’SD si presentarono alle cinque di mattina. Mia madre mi aveva accompagnato da Udine a Padova, e poco dopo essere tornata è successo. Se li è ritrovati in casa con un interprete. Per qualche ragione sono andati lì.» Erano gli uomini del servizio segreto delle SS, gente che chiede ma non spiega.

«Sua madre come reagì?» le chiedo.

«La mamma quando sono arrivati si è preoccupata perché sapeva di avere scritto, aggiornandolo anche la sera prima, un diario… avrebbe dovuto informare Prospero al suo ritorno su tutte le vicende avvenute a casa durante la sua prigionia.»

«Un diario?»

«Un diario molto pericoloso. Quindi la mamma finge di agitarsi, come se avesse una crisi di nervi, e chiede di vedere la padrona di casa per consegnarle un plico con gli atti legali di una causa in corso, della quale lei era responsabile verso i suoi fratelli. L’interprete, interdetto, chiama la padrona di casa che abitava al primo piano dell’edificio.»

«E loro se la bevono?» chiedo incredulo.

Paola continua: «Insomma, recupera il malloppo dei documenti e lo appoggia sopra il diario… appena arriva la padrona di casa le sussurra: “Bruci il quaderno”… e infatti la padrona di casa l’ha bruciato… c’erano tutti i nomi in chiaro nel diario», sottolinea Paola e Anna ripete la stessa frase come per ricordare il rischio terribile corso da Ines per poi aggiungere: «I documenti legali sono archiviati da qualche parte a casa mia, ma il diario è stato eliminato».

«Però non era finita», aggiungo.

«Cercavano probabilmente informazioni, non si sa bene di chi. Renato non si era mai presentato dopo l’8 settembre ma era ufficiale di carriera e quindi al distretto militare risultava. Probabilmente hanno visto che non si vedeva più in giro o forse sempre qualche buona anima, o anche in seguito ai fatti di Tolmezzo i tedeschi indagavano.»

«Qualcuno potrebbe aver parlato e fatto il suo nome ai nazi­fascisti, o forse i sospetti si concentravano su di lei…» faccio qualche ipotesi.

«Di me non dovevano avere sospetto perché io andavo avanti e indietro dall’università, uno di loro disse: “Ma l’università adesso è chiusa”. Mia madre però aveva la risposta pronta: “Lei deve fare delle ricerche particolari, perciò può andare in biblioteca”.»

Non avrebbero nulla contro di lei ma, le dicono i tedeschi, è in ostaggio per i suoi figli. E non serve nemmeno ricordare che è moglie di un ufficiale fatto prigioniero quando ancora italiani e tedeschi erano alleati paritari e non come ora con i nazisti invasori e padroni in un Friuli diventato parte dell’OZAK.

Infatti Ines finisce in prigione. «La misero nel carcere di Udine, insieme ai delinquenti comuni, quelli politici e le prostitute», dice Paola. Giorni che non passano. Ines cerca solo di superarli, uno dopo l’altro. «Non le fecero interrogatori, la teoria era questa: se ci fossimo presentati l’avrebbero messa fuori. Lei era in ostaggio.»

Ci sono tanti modi per cui può finire male. Basta un numero di deportati nella contabilità nazista che deve



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