Non nominare il nome di Dio invano by Carlo Galli & Piero Stefani

Non nominare il nome di Dio invano by Carlo Galli & Piero Stefani

autore:Carlo, Galli & Piero, Stefani [Carlo, Galli & Piero, Stefani]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Voci
ISBN: 9788815313362
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2013-10-14T22:00:00+00:00


La politica

In nome di Dio si compiono atti sacri – sacrifici, amministrazione di sacramenti, benedizioni, maledizioni –: e in ciò sta il potere «religioso» del legare e dello slegare. Ma il nome di Dio è coinvolto, in pratica, in tutte le forme di organizzazione della politica, della guerra, della metafisica, e anche dell’economia. Il che rende testimonianza di quanto sia forte il bisogno di coinvolgere Dio nel mondo, di porre l’agire umano e i poteri umani sotto la potenza del suo nome.

Quel bisogno è intrinsecamente ambiguo: pare attestarsi fra una necessità (nessuna liberazione fuori del nome di Dio, dell’invocazione e dell’appello) e una tentazione (dare il nome di Dio a un agire umano per ottenere un effetto-certezza, una più efficace proiezione polemica); entrambe, di fatto, attraversano la storia dell’Occidente, e la costituiscono in una tensione irrisolta tra immanenza e trascendenza. Anzi, le posizioni, i movimenti e le istituzioni della politica possono essere interpretate a partire dal rapporto che con questa tensione strutturale intrattengono, consapevoli o non: se intendono chiuderlo con l’autoritarismo securitario e identitario, oppure con la realizzazione terrena della salvezza attraverso la rivoluzione, ma anche il terrorismo e il fondamentalismo; se credono di tenerlo aperto con la pratica della critica e del «nomadismo» profetico; e infine se lo ignorano oppure presumono di colmarlo con facilità sostituendo al nome di Dio il nome dell’Uomo (il razionalismo moderno, la tecnicizzazione del mondo, e l’universalismo progressista, ossia l’universo moderno della compiuta mediazione razionale). Anche la metafisica è coinvolta in quel divieto: in essa si esprime infatti la tentazione di fare di Dio il fondamento di ogni mediazione, del discorso umano, a scioglierlo cioè nel logos; e quindi il rischio (la certezza) di non coglierne l’eccedenza, il suo darsi in un discorso (l’alleanza) che ha la propria origine fuori dal discorso.

Si tratta quindi di ripercorrere alcune forme dell’inevitabile coinvolgimento del nome di Dio nella politica (con tutta l’ambiguità immanente al suo rapporto col mondo), di constatarne tanto la potenza mobilitante, liberatoria, quanto la trasformazione in auctoritas stabilizzante, e anche in insegna di guerra o di rivoluzione; di seguire il suo oscillare fra decisione e ordine, fra ulteriorità dinamica, superiorità gerarchica, e violenza escludente; di vedere che il Nome può essere tanto l’indicibile potenza che libera quanto il fondamento di un potere che asservisce o uccide. Che può essere sia destinatario di un appello, sia ispiratore di una profezia, sia reificato in un proclama politico o in un conflitto.

Una delle più evidenti presenze del nome di Dio nel mondo è il giuramento, l’atto verbale in cui si invoca il nome di Dio per garantire la verità di una promessa o di un’asserzione[15]. Qui l’agire in nome di Dio significa prima di tutto «parlare iniziando dal nome di Dio».

Sotto il profilo teoretico la parola di Dio, il Suo Nome – in cui significante e significato coincidono – è già in sé giuramento, garanzia di verità. E nel giuramento umano attraverso il nome di Dio viene fondata la coincidenza fra le parole e le cose, e



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