Oltre la periferia della pelle by Silvia Federici

Oltre la periferia della pelle by Silvia Federici

autore:Silvia Federici [Silvia Federici]
La lingua: ita
Format: epub
editore: D Editore
pubblicato: 2023-06-30T00:00:00+00:00


La nostra capacità di opporci al controllo, o la sottomissione a esso, deve essere valutata a ogni nostro minimo gesto.

Gilles Deleuze, Négotiations, 1995

Introduzione: perché il corpo?

Sono molte le ragioni per cui dobbiamo ancora parlare del corpo nonostante la vasta letteratura esistente sul tema [52]. Per prima cosa, ricordando il vecchio detto “in principio era il corpo”, con i suoi desideri, i suoi poteri, le sue svariate forme di resistenza allo sfruttamento; come viene spesso notato, non può esserci cambiamento sociale, innovazione politica o culturale che non venga espressa tramite il corpo, così come non può esserci pratica economica che non venga applicata al corpo (Turner, 1992). In secondo luogo, il corpo è al centro dei maggiori dibattiti filosofici del nostro tempo e risulta un propellente per la rivoluzione culturale proseguendo, per alcuni aspetti, il progetto inaugurato dai movimenti degli anni Sessanta e Settanta, con il loro mettere in primo piano la liberazione intrinseca degli individui. Nondimeno il motivo per cui dobbiamo parlarne è che riflettere su come il capitalismo ha trasformato i nostri corpi in forza lavoro ci aiuta a contestualizzare la crisi che affligge oggigiorno il corpo e, allo stesso tempo, ad andare a fondo delle nostre patologie collettive e individuali per la ricerca di nuovi paradigmi antropologici.

L’impostazione dell’analisi da me proposta differisce dalla metodologia marxista ortodossa e dal modo in cui le teorie poststrutturaliste e postmoderne intendono il corpo e i regimi disciplinari. In opposizione alle descrizioni marxiste più ortodosse riguardo la formazione del proletariato, la mia analisi non si limita ai cambiamenti prodotti sul corpo dall’organizzazione del processo di lavoro. Come notato da Marx, la forza lavoro non ha un’esistenza indipendente: «esiste solo come capacità nell’individuo», nel corpo vivente (Marx, 1976, p. 274). Perciò costringere le persone ad accettare la disciplina del lavoro dipendente non può avvenire solo «espropriando i produttori dai loro mezzi di sussistenza» o tramite costrizioni imposte con fruste, prigioni e impiccagioni; per costringere le persone a lavorare al servizio di altri, che si trattasse di lavoro pagato o meno, il capitalismo ha sempre dovuto ristrutturare l’intero processo della riproduzione sociale, rimodellando il nostro rapporto con il lavoro oltre al nostro senso d’identità, di spazio e tempo, e della nostra vita sociale e sessuale.

La produzione di corpi che lavorano e i nuovi “regimi disciplinari” non possono dunque essere concepiti puramente come cambiamenti nell’organizzazione del lavoro o come un effetto delle “pratiche discorsive”, come suggerito dai teorici postmodernisti. La “produzione del discorso” non è un’attività autogenerante o autosussistente. Potremmo persino scrivere un’intera storia delle discipline – dei loro cambiamenti di paradigma e delle loro innovazioni – dal punto di vista delle lotte che le hanno alimentate.

Concepire il nostro corpo come principalmente discorsivo ignora anche il fatto che esso ha poteri, bisogni e desideri non facili da dimenticare, sviluppatisi nel corso di un lungo processo di coevoluzione con l’ambiente naturale circostante. Come ho scritto altrove, la struttura accumulata di bisogni e desideri, che per migliaia di anni ha rappresentato il requisito per la riproduzione sociale, ha



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