Ortigia, 223 a.C. by Francesco Grasso

Ortigia, 223 a.C. by Francesco Grasso

autore:Francesco Grasso [Grasso, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Gialli e Thriller, Narrativa storica, Italiano
ISBN: 9788863077841
editore: 0111 Edizioni
pubblicato: 2014-08-27T22:00:00+00:00


Non era ancora l’alba quando Ipsicle giunse a destarmi.

«In piedi, Dinostrato!» mi scosse.

«Cosa c’è questa volta, fratello?» protestai.

«Lo vedrai» tagliò corto lui. «Muoviti, non c’è molto tempo!»

Mi rassegnai a seguirlo. Per fortuna mi ero assopito con le vesti ancora indosso; Ipsicle mi concesse a stento il tempo di calzare i sandali. Raggiungemmo le Porte di Kamarina in gran fretta; rischiai seriamente di spezzarmi una gamba, correndo in quel modo alla sola luce della fiaccola.

Il temporale era molto vicino; il brontolio dei tuoni copriva ogni altro rumore, compreso - me ne resi conto con sorpresa, solo più tardi capii che si trattava di una scelta consapevole - il tintinnio delle armi e delle corazze dei guerrieri che marciando in formazione serrata superavano le Porte diretti verso le campagne.

Feci per chiedere spiegazioni, ma Ipsicle mi tappò risolutamente la bocca con una mano talmente lurida e odorosa di caprino che ebbi un urto di nausea.

«Meglio non farci vedere» sussurrò. «Saliamo sui bastioni.»

Acconsentii. C’inerpicammo sugli spalti, scrutammo oltre le mura. Le prime gocce di pioggia, gelide, mi sfiorarono il viso. Gli armati che avevo appena veduto, mi resi conto, erano solo gli ultimi di una lunga colonna che avanzando pesantemente si snodava verso l’orizzonte ammantato di tenebra. I fuochi del piccolo presidio romano ardevano contro lo sfondo nero delle colline.

Trasecolai che le sentinelle nemiche non stessero suonando i corni per mettere in allarme i loro compagni sul Ciane. Ipsicle sembrò intuire la mia perplessità, perché fece scorrere un dito sulla gola a simulare una lama.

«Ci hanno pensato i Topi» asserì. «Il contributo di Policasta al piano di battaglia.»

Inarcai un sopracciglio, scettico.

«Vuoi farmi credere che tu sai cos’ha in mente Ippocrate?»

«Per i Topi non ci sono segreti» si vantò Ipsicle.

Lo fissai indispettito. Lui mi fece attendere a lungo, insolente, con un fare da teatrante consumato.

«Prendono la pista delle colline, non vedi?» sussurrò alla fine. «Se riescono a tenere un passo sostenuto, giungeranno ad Akrai all’alba. Lassù riprenderanno le forze, si procureranno acqua e viveri, e a giorno fatto scenderanno in pianura dall’altra parte, ad Akrillai.»

Non capivo.

«Perché?»

«Ippocrate ha rivelato che da qualche tempo Marcello non si trova al campo d’assedio, bensì ad Akragas, scortato da parte delle sue truppe.»

«Ad Akragas?» ripetei.

«C’è una fazione contraria ai romani, lì» spiegò mio fratello «Ippocrate li ha fomentati per mesi, dice. Marcello è dovuto accorrere a rafforzare la guarnigione, o sarebbe scoppiata una rivolta. Ormai, però, il console sarà stato avvertito che a Siracusa è sbarcata una flotta cartaginese, perciò avrà certamente deciso di rientrare. Ippocrate intende sorprenderlo sulla via del ritorno. Ha definito il suo piano “una battaglia annibalica”. Suppongo voglia dire “un’imboscata”.»

Mi morsi le labbra, perplesso. Mi chiesi cosa, in quel cumulo di assurdità, costituisse effettivamente la strategia del nostro polemarca, e quanto fosse invece frutto delle millanterie di mio fratello.

Tornai a rivolgere l’attenzione al nostro esercito. Gli ultimi guerrieri della retroguardia stavano sfilando sotto i miei occhi. Gli opliti portavano lo scudo legato dietro alla schiena e gli schinieri alti al ginocchio, come si usava per le lunghe marce.



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