Poesie by Cesare Pavese

Poesie by Cesare Pavese

autore:Cesare Pavese [Pavese, Cesare]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti Classici
pubblicato: 2023-11-16T23:00:00+00:00


La voce

L’ultima poesia del trittico è anche la più tarda (23-26 marzo 1938) e conclude il processo di smaterializzazione della donna, che da corpo fisico e presente passa a corpo ricordato e infine, qui, a voce che ormai tace definitivamente.

Il ricordo di una voce «rauca e dolce» (v. 5) potrebbe schiudersi ogni giorno, al risveglio. Se tornasse, sconvolgerebbe la calma del presente, riaprendo vecchie ferite da un passato taciuto ma sicuramente legato alla figura di una donna amata e perduta. Ogni giorno, tuttavia, non giunge altro che silenzio, e il ricordo resta quindi intatto e innocuo.

La voce è un altro esempio di poesia-arabesco costruita su poche tessere lessicali continuamente riprese e ricombinate; questo porta anche alla disseminazione degli attributi, che si trasferiscono e si scambiano tra i diversi elementi, umani e non, della scena (altro stilema pavesiano tipico, già rilevato da Mutterle 1972). Tutto ciò, unito alla vaghezza dei termini ripresi, dà luogo a un’atmosfera assai rarefatta e a una situazione psicologica indeterminata. L’io che dovrebbe ricordare è nascosto dietro l’impersonalità, mentre della donna oggetto del ricordo non resta che una voce ormai autonoma e senza immagini. Nulla viene detto dei trascorsi tra i due, se non che il ricordo sarebbe doloroso per l’uomo. Per questo l’epifania mancata, la possibilità ogni giorno risorta e ogni giorno negata di un ritorno della voce, acquista agli occhi del soggetto un valore positivo. È un meccanismo difensivo già incontrato (cfr. per esempio Incontro e Mania di solitudine): l’io gestisce il dolore che la donna provoca o minaccia di provocare allontanandola da sé e confinandola in uno spazio-tempo idealizzato, dove la sua immagine può trasfigurarsi, cristallizzarsi («la voce è la stessa […] uguale per sempre nell’immobilità / del ricordo», vv. 8-10) e così diventare inoffensiva. Una condizione simile può solo essere rovinata dal ripresentarsi, materiale o memoriale, dell’amata, e allora questa lirica, in cui la voce femminile viene ripetutamente evocata per dichiararne, ogni volta, l’assenza, assume i caratteri di un piccolo esorcismo, di un rito di liberazione nei confronti di un ricordo persecutorio e potenzialmente distruttivo.

METRICA – Tredecasillabi e doppi settenari, con i secondi che tendono a collocarsi nelle posizioni forti (incipit, explicit, attacchi e chiuse di strofa). La regolarità strofica è rotta solo dalla prima unità, di cinque versi contro i sei delle altre tre. Il vortice di ripetizioni è tipico delle poesie più tarde di Lavorare stanca. Alcune sono in posizione marcata: cfr. soprattutto le epifore interstrofiche di «la calma d’allora» (vv. 11, 12) e di «dolore» (vv. 17, 18) o le anafore di «Se suonasse la voce» (vv. 13, 16) e di «Tornerebbero i gesti» (vv. 14, 18); ma in generale tutti i termini più significativi sul piano semantico sono ripresi, spesso più di una volta, a partire ovviamente dalle parole-tema opposte e complementari «voce» (vv. 4, 8, 13, 15, 16, 20) e «silenzio» (vv. 1, 5, 8, 17, 22).

Ogni giorno il silenzio della camera sola

si richiude sul lieve sciacquìo d’ogni gesto

come l’aria. Ogni giorno la breve finestra

s’apre immobile all’aria che tace.



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