Sei tu il mio io. Conversazione sui neuroni specchio con Antonio Gnoli by Giacomo Rizzolatti & L. Noseda

Sei tu il mio io. Conversazione sui neuroni specchio con Antonio Gnoli by Giacomo Rizzolatti & L. Noseda

autore:Giacomo Rizzolatti & L. Noseda [Rizzolatti, Giacomo & Noseda, L.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Manuale
ISBN: 9788877137616
editore: Casagrande
pubblicato: 2017-01-25T23:00:00+00:00


Coscienza e libertà

Partendo dal sistema motorio delle scimmie, siamo giunti ai neuroni specchio, all’empatia e al tema cruciale della coscienza. Cos’è la coscienza? È forse la consapevolezza di vivere in un certo ambiente? La capacità di orientarci nello spazio e nel tempo? Quanto siamo coscienti delle nostre azioni? In che misura la coscienza si intreccia con l’altro grande tema del libero arbitrio? Sono problemi completamente nuovi rispetto a ciò di cui fino a ora si è discusso.

La coscienza è un tema che non amo molto. Vorrei citare a questo proposito una famosa frase che Stuart Sutherland scrisse nel 1989 nell’International Dictionary of Psychology alla voce «Coscienza»: «La coscienza è un fenomeno affascinante ma sfuggente. È impossibile dire con esattezza cosa sia, cosa faccia o perché si sia sviluppata. Non è stato scritto niente di interessante sul tema».

È un argomento sfuggente.

Sì, e non mi sembra che siano stati compiuti grandi progressi da quando Sutherland scrisse questa famosa frase. Nonostante la coscienza sia stata, specie qualche anno fa, un argomento alla moda.

Per uno scienziato affrontare la coscienza è come misurarsi con un fantasma. Avere a che fare con qualcosa di impalpabile. Però ci sono studiosi che sostengono che la coscienza ha basi neurali. Daniel Dennett mette in discussione l’idea cartesiana del «teatro della coscienza», in base alla quale ci sarebbe un punto nel cervello sul quale convergerebbero tutte le esperienze e, una volta depositate, diverrebbero coscienti. Come è noto Cartesio immaginò l’esistenza della ghiandola pineale grazie alla quale, come fosse un interruttore, la coscienza si sarebbe accesa. Dennett rigetta questa tesi e sostiene che la coscienza non è una sostanza a sé stante, ma il frutto di un’esperienza mobile e molteplice.

L’unico punto su cui posso concordare con Dennett è che la coscienza ha basi neurali. D’altra parte, come potrebbe essere diversamente? Dennett ha avuto il coraggio di intitolare il suo libro Consciousness Explained. Se devo essere sincero, però, in quel libro molto poco è «explained». Siamo piuttosto lontani dalle sue opere migliori, quelle che lo hanno reso famoso come The Intentional Stance.

Mi pare che con Dennett si tocchi il punto estremo di una posizione che equipara la coscienza al linguaggio e ne fa una caratteristica specificamente umana.

Partirei da una prospettiva diversa. Perché non iniziamo dai principi che regolano la nostra vita e che apparentemente non hanno nulla a che fare con la coscienza? Tutti gli esseri viventi del mondo animale si muovono in base alle necessità che hanno: mangiare, bere, riprodursi. E poi c’è un quarto fattore fondamentale per la sopravvivenza: la curiosità. La curiosità spinge a esplorare l’ambiente, a capire dove fa più caldo o più freddo, dove c’è più cibo e così via.

Una curiosità prettamente pratica.

Certo. Non penso che un topo vada in giro alla ricerca di un bel tramonto. Siamo dotati di questo bagaglio elementare che è restato immutato nel corso dell’evoluzione. Scopo della vita è sopravvivere e riprodurre altri individui, simili a noi.

Non ti sembra un’affermazione un po’ troppo brutale?

Forse sì, ma a volte la «brutalità» ci aiuta a comprendere meglio il problema che abbiamo davanti.



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