Sotto il segno del leone by Amedeo Feniello

Sotto il segno del leone by Amedeo Feniello

autore:Amedeo Feniello [Feniello, A.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economica Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2014-08-14T22:00:00+00:00


4. I «Rum»

I musulmani dispongono di un termine per identificare tutti quelli che vengono dalle terre barbare di Occidente e dall’impero bizantino, adoperato anche in seguito per i normanni. Essi sono i Rum. Però, in questa particolare fase della storia del Mediterraneo, quando si scriveva che una nave veniva da bilad ar-Rum, dalla terra dei Rum, si intendeva dire che proveniva dai porti meridionali. Da dove? In maggioranza, da Amalfi. Il mito del commercio amalfitano resta uno degli argomenti chiave della vicenda del Mezzogiorno italiano medievale: della sua epoca d’oro, quando la flotta cittadina e l’intraprendenza di alcuni suoi grandi mercanti, come i Comite Maurone, riuscì a soppiantare qualunque forza commerciale presente nel Mediterraneo. Detta così, se si volesse rispettare la mitografia, ci troviamo di fronte ad una palese esagerazione. Non che voglia dire, lo vedremo, che per molti aspetti la marineria amalfitana (e specialmente i suoi mercanti) assumesse un ruolo di rilievo nell’ambito del commercio mediterraneo. Solo che negli ultimi decenni del secolo scorso questo mito è andato a sfumare, col lasciare il posto ad una lettura più concreta circa le reali potenzialità economiche cittadine. E molte risposte sul supposto miracolo commerciale amalfitano sono state ascritte al sorprendente sviluppo rurale: un contesto agricolo nel quale, attraverso l’uso di innovativi strumenti contrattuali, fu possibile innescare una vera e propria trasformazione degli assetti patrimoniali e produttivi, con un lancio che garantì notevoli surplus che furono in gran parte venduti sui mercati mediterranei.

Ma ho corso troppo, ed è opportuno fare un passo indietro. Il successo commerciale di Amalfi comincia nel IX secolo ed è tutto intrinseco all’economia della Geniza. Parafrasando Pirenne, senza Maometto non ci sarebbe stata Amalfi. Da sempre, lo abbiamo visto pure per le vicende politiche, gli amalfitani sono stati impegnati, con gaetani e napoletani, nella collaborazione economica coi vicini musulmani. La loro forza si fondava inizialmente sul commercio di schiavi. Poi si diversifica. A differenza di quanto avvenga nelle altre due città campane, gli operatori amalfitani hanno un pregio. Hanno maggiori capacità, e riescono a proporsi come il trait d’union tra il mercato campano e i grandi porti del Mediterraneo. L’Ifriqiyya fatimide, poi zirita, poi hafside diventerà il principale cliente dei prodotti dell’agricoltura della Campania, fatta di frutta, castagne, noci e nocciole. Di legname e di ferro. Di vino, il cui consumo è favorito dalla trasgressione dei principi e dei grandi, diciamo disattenti ai precetti religiosi. Questa è la scia nella quale coinvolgono, in un circolo virtuoso, le altre città della regione, tra cui, oltre a quelle che conservano ancora uno status greco-bizantino come Napoli, pure Salerno e Benevento. Allargando sempre più il proprio raggio d’azione verso la costa pugliese, dove più tardi, nel XII secolo, creano delle proprie colonie. Nella fase iniziale, però, il grande elemento di forza amalfitano sta tutto nella stretta relazione con Napoli e Salerno, nelle quali si insediano le loro più antiche colonie. Tanto che alcuni loro membri diventano parte della componente dirigente delle due città.

Se questa è la direzione di partenza, con la



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