Una forma di vita by Amélie Nothomb

autore:Amélie Nothomb [Nothomb, Amélie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Voland
pubblicato: 2014-03-11T23:00:00+00:00

Cara Amélie Nothomb,

grazie per il suo incoraggiamento del 30 aprile.

Sharazàd sta bene, non si preoccupi. Se non gliene parlo più è perché su quel fronte non è cambiato niente.

Abbiamo ricevuto notizie da alcuni soldati tornati in patria due mesi fa. Notizie allarmanti. I mali psicologici e fisici di cui soffrivano qui, lungi dall’attenuarsi, sono peggiorati. Vengono tenuti in osservazione da medici che gli parlano del loro reinserimento: se fossimo usciti di galera, non impiegherebbero una parola diversa. E pare che gli ex carcerati si reinseriscano meglio. Sono meno estranei di quanto siamo diventati noi.

Nessuno è tanto pazzo da voler tornare in Iraq, ma i ragazzi dicono che la loro vita non è più negli USA. Purtroppo però non hanno un altro posto dove andare. Del resto, il problema non è il posto. Dicono che non sanno più come vivere, che non sanno più vivere. Sei anni di guerra hanno cancellato tutta la loro vita precedente. Io lo capisco.

Penso di averle scritto diverse volte che desideravo tornare in America. Adesso mi rendo conto che lo davo per scontato, ma non ci avevo mai riflettuto davvero. Cosa ritroverò in patria? Niente e nessuno, a parte l’esercito. I miei genitori si vergognano di me. Ho perso i contatti con i miei vecchi amici, ammesso che la miseria condivisa rappresenti un’amicizia degna di questo nome. E non dimentichiamo il dettaglio del mio peso. Chi ha voglia di rincontrare uno che è ingrassato di 130 chili?

130 chili! Se pesassi 130 chili, sarei già obeso. Invece non peso 130 chili, sono aumentato di 130 chili! È come se fossi diventato tre persone.

Ho messo su una famiglia. Sharazàd e io abbiamo avuto un bambino. Sarebbe magnifico se non fossi il solo a costituire questa famiglia. Ciao ragazzi, vi presento mia moglie e mio figlio, sono al calduccio, per cui non potete ammirarli, ho preferito tenerli dentro di me, è più intimo, e anche più comodo per proteggerli e per nutrirli, non capisco perché vi meravigliate, ci sono donne che allattano i propri figli, io ho deciso di alimentare la mia famiglia dall’interno.

Insomma, per la prima volta scopro che non mi va di tornare a casa. Detesto stare qui, ma qui ho comunque uno straccio di vita e delle relazioni umane. E soprattutto, in Iraq, sanno chi sono. Non voglio stare a guardare l’espressione dei miei genitori quando mi riconosceranno, non voglio sentire quello che diranno.

La mia salvezza, ancora una volta, è il mio progetto artistico. Non la ringrazierò mai abbastanza per questo. È l’unica dignità che mi rimane. Crede che mio padre e mia madre capiranno? Be’, non dovrei farmi questa domanda. Uno mica è un artista per essere capito dai propri genitori. Eppure non riesco a non pensarci.

Ho paura che mi prendano in giro. Se avessi un agente, o qualcosa del genere, mi sentirei meno ridicolo. Lei è stata da poco negli Stati Uniti, non è che laggiù ha incontrato persone che potrebbero aiutarmi? Conosce per caso una galleria d’arte, a New York o a Philadelphia? O una persona influente al “New York Times”? Mi scusi se le rompo le scatole.

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