Violenza e giustizia by Philippe Audegean;

Violenza e giustizia by Philippe Audegean;

autore:Philippe, Audegean; [Audegean, Philippe ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Diritto, Saggi
ISBN: 9788815374608
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-06-15T00:00:00+00:00


4. Dalle parole ai fatti

La riflessione di alcuni scrittori protestanti, ampliata e approfondita – sempre in ambito riformato – da Locke e Thomasius, impone così, con nettezza crescente, la distinzione lessicale e concettuale tra reato e peccato. Questa evoluzione va compresa tra gli effetti del passaggio a una nuova fase dei rapporti moderni tra il potere civile e quello ecclesiastico. Questa seconda fase condusse il diritto penale europeo verso una riforma altrettanto profonda rispetto a quella che aveva caratterizzato la fase precedente, ma in una direzione inversa.

Nella prima fase, le prerogative sovrane si erano estese alle questioni religiose. Dopo la Riforma e le guerre di religione, i sovrani della prima età moderna avevano cercato di rispondere alla crisi della cristianità spogliando la Chiesa di ogni potere giurisdizionale. In questa fase iniziale della separazione moderna tra Stato e Chiesa crebbe il potere del magistrato penale, investito del compito di giudicare e punire anche le coscienze. Una seconda fase ebbe inizio quando la devianza religiosa smise di venire considerata un’offesa civile meritevole della reazione punitiva dell’autorità temporale. L’esclusiva prerogativa statale sugli affari spirituali lasciò il posto a un lento ripiegamento dell’autorità civile sugli affari puramente temporali[50].

Questo sviluppo portò a ridefinire i limiti del potere penale, dal cui dominio fu estromesso il controllo delle opinioni religiose: cioè la criminalizzazione della devianza dogmatica, la persecuzione giudiziaria del dissenso religioso e la repressione delle credenze difformi dalla dottrina della fede dominante. A questo ridimensionamento ne seguì un altro, solo apparentemente in linea con il primo. In effetti, si trattò di una rilevante rottura, correlata a nuove acquisizioni teoriche. Il diritto penale dovette ridurre il raggio delle sue pretese regolative, rinunciando a qualsiasi divieto comportamentale giustificato in nome della morale religiosa; una rinuncia, quindi, a vietare e sanzionare determinate azioni (non più mere opinioni).

Per giungere a questa seconda conclusione, occorreva tuttavia che la distinzione tra delitto religioso e delitto penale fosse caricata di un nuovo significato. In un primo momento, come abbiamo visto, questa distinzione aveva determinato una separazione esterna tra peccati e reati. I suoi teorici avevano sostenuto la causa della depenalizzazione del dissenso religioso, argomentando l’estraneità alla sfera del diritto penale da parte delle questioni attinenti alle credenze individuali. In forza di questa posizione, essi potevano contestare efficacemente le pretese pubbliche di controllo delle opinioni. Tuttavia, non si spingevano a mettere in discussione le pretese pubbliche di controllo della condotta. Si limitavano ad affermare che le opinioni o le credenze prive di effetti sociali o di visibilità materiale non andavano represse: alcuni peccati non sono reati. Ma non negavano che i reati sono anche peccati: i comportamenti socialmente dannosi sono anche moralmente e religiosamente riprovevoli. Certamente, i peccati che non hanno conseguenze sulla vita sociale vanno esclusi dall’ambito penale. Ma i reati sono pur sempre peccati: in altre parole, la decriminalizzazione delle offese religiose non risolveva la questione della qualificazione religiosa dei reati.

Ecco perché, in una seconda fase, la distinzione tra reato e peccato servì anche a operare una distinzione non già tra la



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