Amici e amanti by Unknown

Amici e amanti by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2019-06-26T16:00:00+00:00


I gelati, rosa acceso, avevano il gusto del loro colore, schiacciati fra due wafer. Anna, con lo stomaco intirizzito, stava per finire il terzo; sapeva che doveva essere questo il piacere. Il suo volto di angelica insensibilità si piegò sopra il piattino. Simon diede gran morsi a un amaretto, succhiò velocemente del succo di lampone con due cannucce, poi le lasciò colare a picco insieme. Considine aveva chiesto ad Anna di mangiarsi anche il suo gelato: stava seduto, coi piedi posati sulle zampe metalliche del tavolo, pensando a che razza di affamati fossero i due bambini. Elfrida non aveva posto alcun limite alla sua ospitalità e lui non vedeva ragione perché ai bambini non dovesse essere consentito di rimpinzarsi a morte. Quasi si rammaricava che nessuno dei suoi piaceri potesse risultare così gradevolmente fatale.

Simon si fermò. «Hai due uvette spiaccicate sul gomito», disse a Considine. Qualcuno a quel tavolo prima di loro aveva mangiato una pasta.

«Macchiano», disse quietamente Anna, mentre lui le toglieva. «Zio Considine, tu quanti gelati mangeresti?»

«Sei», disse Considine con prontezza.

«Oh, non penso proprio che potrei…»

«Nonna sarà furiosa», disse Simon, pacatamente, allungandosi per prendere un altro dolce.

Sua sorella rispose: «No, se non è colpa sua».

A Considine l’acume nelle donne piaceva. «Non è questo il modo di parlare!» disse in tono provocatorio, e Anna, che fino a ora si era offesa per una certa mancanza di vernice sociale, si sentì solidale col suo sesso. Protendendosi verso lo zio, sogguardando ora la propria mano ora il suo mento, disse confidenziale: «Hermione sta sempre male; ci hai fatto caso?»

«Anche tuo padre stava sempre male», disse Considine, oziosamente rievocativo.

«Era infelice», disse Anna con un certo orgoglio.

«Proprio.»

«Non aveva una vera casa – Simon, non prendere un altro dolce quando non hai ancora finito di ingoiare questo.»

«E tu allora?» disse Simon, ragionevolmente.

«Ohò, tu quoque – temo che tu abbia un’altra uvetta sulla manica, zio Considine. Povero il tuo vestito! – Ti piaceva nostro padre?»

Considine si guardò attorno cercando la cameriera. «Un altro gelato!»

«Ma a te i bambini piacciono, vero? Gli hai regalato un orso.»

Simon, ingoiando in fretta, disse: «E una macchina fotografica non gliela hai mai regalata?»

«Non gli regalasti un orso?»

«Sono sicuro», disse Simon, «che era molto contento. Come lo sarei io se qualcuno mi regalasse una macchina fotografica.»

«Oh, l’orso gli è piaciuto allora?» chiese Considine. «Non si viene mai a sapere.» In effetti, ora che ci pensava, Elfrida non gli aveva più parlato dell’orso dal momento del suo arrivo quella sera prima di Natale. Considine aveva saputo solo, in un altro momento, che quella notte Edward era stato messo a letto con una crisi di nervi.

«A papà non sono mai piaciuti molto gli animali», disse Anna pensosa. «Quando nonna andò a vivere a Parigi, l’orso venne rispedito qui. Adesso è tutto tarmato; è un peccato, no?»

«Tu come lo sai?» domandò Considine precipitosamente.

«Me l’ha detto Hermione. Mi ha fatto vedere l’orso.»

Simon si arrotolò una delle cannucce attorno al pollice. «Qualsiasi regalo è bello», disse pieno di desiderio.

Simon era terribile con le sue allusioni, nessuno riusciva a prevedere né a reprimere questo comunissimo tratto: gli andava bene quasi sempre.



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