Beat Hippie Yippie (Italian Edition) by Fernanda Pivano
autore:Fernanda Pivano [Pivano, Fernanda]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B06Y14F277
editore: Bompiani
pubblicato: 2017-04-02T22:00:00+00:00
La storia di Oz
Era una Londra di un secolo fa, non ancora disinquinata ma con i perenni, enormi parchi umidi e teneri, molli di alberi pesanti e decorati di vecchie panche di legno e di gente sdraiata sull’erba: la Londra di un secolo fa, quando i giovani della Nuova Cultura non pensavano ancora alle bombe e cercavano di intaccare la consapevolezza della “Maggioranza Silenziosa” con proposte basate sulla fantasia e la creatività.
In questa Londra andai a trovare la prima volta Richard Neville che abitava, già con Louise, in un grande seminterrato al quale si accedeva da alcuni gradini decorati di striscioni elettorali: “Votate per Dick Gregory”. Venne ad aprirmi lui, indaffarato senza presunzione, coi capelli lunghi fino alle spalle senza ostentazione e enormi calzoni di satin celeste visibilmente passati alla prova di parecchi lavaggi a gettone. Su un lungo tavolo vicino all’ingresso c’erano i mucchietti dei suoi pochi Oz già usciti e la lunghezza del tavolo vuoto suscitava un inevitabile augurio di Buona Fortuna per il futuro della rivista irriverente e proterva, insolente e illuminatrice.
Oz in realtà era incominciata in Australia quattro anni prima, come mensile di satira e di opinione; e aveva fruttato al direttore una condanna a sei mesi di lavori forzati perché “la pubblicazione avrebbe depravato i giovani o gli adulti malsani, così poco giudiziosi da considerarlo un giornale letterario e così male allevati da praticare l’abitudine di leggerlo”. Per evitare la condanna Neville emigrò in Inghilterra, e a Londra nel 1966 ricominciò Oz, un miscuglio di satira, cronaca e ristampe più o meno autorizzate dai giornali Underground d’America, al quale la grafica di Martin Sharp, che non ignorò quella del San Francisco Oracle, diede un’impronta rivoluzionaria e inconfondibile, finché la rivista diventò una delle più efficaci proposte di immaginazione e fantasia visiva, un vero e proprio cuneo della Nuova Cultura nel mare bianco e nero della stampa esistente.
Quel giorno che lo andammo a trovare, Neville era immerso fino al collo – letteralmente – in cumuli di giornali, cartelline, lettere, appunti di ogni specie che straripavano dal tavolo e si alzavano in grosse piramidi intorno a lui e lungo le pareti; a parte quest’angolo, la camera aveva un vago aspetto psichedelico (ripensandoci, mica poi tanto vago), con un letto coperto di tessuto indiano e decorazioni indiane alle pareti. Mesi prima era stato solidale col nostro primo numero di Pianeta Fresco e ora ci raccontò che stava scrivendo Play Power, un libro che doveva descrivere la Nuova Cultura, la droga-sesso-comunitarismo-tribalismo-rock-capelli lunghi-non consumismo-nomadismo-antimilitarismo-internazionalismo-ecc. e la sua tattica di penetrazione mediante la disubbidienza civile non violenta. Una specie di Flower Power, appena un poco più politicizzato, abbastanza politicizzato da influenzare Abbie Hoffman e la sua Rivoluzione per la Rivoluzione.
Di questa Politica del Gioco mi riparlò giorni fa, nel giugno 1971, in una Londra orgogliosa della sua polizia disarmata e della sua libertà di parola. Era come sempre indaffarato senza presunzione e questa volta faticai a rintracciarlo nei suoi vari uffici, dove a volte lavora anche la domenica: gli uffici Oz
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