Bella e perduta Patria: Storia e Memorie di Marco Montanari 1845-1945 (Italian Edition) by Caloni Marco

Bella e perduta Patria: Storia e Memorie di Marco Montanari 1845-1945 (Italian Edition) by Caloni Marco

autore:Caloni, Marco [Caloni, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2020-09-27T16:00:00+00:00


Le case sul Tevere prima della realizzazione dei muraglioni d'argine

1882-1884. USCIRE DAL BUIO E RIPRENDERSI LA VITA

​ Questa non è di certo vita, non può essere la mia vita e me ne vergogno. Come sono entrato in questo vortice altrettanto ne uscirò, lo devo a me stes­so ma soprattutto a coloro che amo. Penso sia giunto il momento di andare a trovarlo il mio Eroe, da Lui vo­glio ripartire. Saranno le sue parole e la luce che emana la sua anima ad in­dicarmi la giusta via. Un dì mi decido e parto, vado a trovarlo nella sua Ca­prera, appe­na qualche mese prima della sua morte.

​ È l’aprile dell’Ottantadue e da Civitavecchia trovo un imbarco su un va­pore di un tale che commercia tra la Sardegna e il Continente. In memoria dell’ami­cizia che ci lega entrambi a Garibaldi, mi ha promesso di condurmi da Lui.

​ Poggiato piede sulla selvaggia terra, mi incanto nel godere di quest’iso­la flagellata dal vento secco che appena si placa lascia spazio all’inconfon­dibile profumo del mirto selvatico e del ginepro. I cinghiali, in assoluta libertà e non cu­ranti al mio passaggio, danno l’esatta dimensione di redenzione e la sensa­zione di rifugio al quale bramava il Generale all’indomani di un’impresa. Non lo biasimo affatto per la scelta, tutto qui parla di Lui, ogni angolo, ogni pietra messa al suo posto come sa­piente opera d’ar­chitetto. Poche centinaia di metri dall’approdo e giungo al piazzale dove ad acco­gliermi c’è il pino, piantato e cresciuto per suo volere, in me­moria della nascita della figlia Clelia all’indomani della sventurata campa­gna dell’A­gro Romano. Penso che allora, se non gli avessi evitato una fuci­lata zuava, la sua bimba e la possente pianta non sarebbero cresciute con lo stesso amore. Tutto ruota attorno a quell'albero. Una serie di casupole bianche in stile sudame­ricano comprendenti il rimessaggio degli attrezzi, l’officina, la stalla e final­mente la casa.

​ Giungo all’ingresso e trovo lei a ricevermi, Francesca, fida custode del tra­monto dei suoi anni. Compagna e madre dei suoi ultimi due figli, colei che ha scelto di accompagnarlo fino all’estremo riposo. Mi abbraccia amo­revolmente e mi chiede come sto, dimostrando di conoscere tutto o quasi della mia perso­na. Io sfoggio la camicia rossa donatami in Sicilia ventidue anni or sono. Or­mai s’è fatta stretta e l’ho riesumata per l’occasione, spe­riamo non sia fatale al suo vecchio cuore, il solo rivederla.

​ Francesca mi precede nella sua stanza e qui lo trovo disteso sul let­to. Quel letto a baldacchino rivolto a nord dinnanzi all'unica finestrella, in direzio­ne del mare, in direzione della sua amata e perduta Nizza. E' lì che il Genera­le trascor­re ormai le sue giornate.

​ In religioso silenzio e col cuore in gola per l’emozio­ne, mi avvicino al suo capezzale con la delicatezza che solo pochi meritano. Il suo sguardo è rapito da quel­la finestrella, all'esterno della quale il vento agi­ta le fronde di un albe­ro. Quindi gli accarezzo la fronte, poi il volto e gli sus­surro quella che era la nostra parola d’ordine: «Ge­nerale, qual è l’ange­lo più bello di Roma?».



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