Ben Jelloun Tahar by La rivoluzione dei gelsomini

Ben Jelloun Tahar by La rivoluzione dei gelsomini

autore:La rivoluzione dei gelsomini [Ben Jelloun Tahar]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-05-21T04:00:00+00:00


Un viaggio in Libia

2004

Ho molto esitato prima di accettare l’invito dell’Istituto culturale francese di Tripoli. Non conoscevo la Libia e i guai politici di Gheddafi non mi facevano venire per niente voglia di intraprendere il viaggio. Ma uno scrittore deve essere curioso e andare sul posto. Dopo una permanenza di cinque giorni, penso di avere meno pregiudizi e più informazioni. Appena sono arrivato ho notato la straordinaria nonchalance della polizia di frontiera. Gli agenti sono numerosi, ma è aperto un solo sportello. I controlli sono lunghi. Dall’aeroporto al centro città, mi ha colpito innanzitutto una cosa: non ci sono cartelloni pubblicitari ma cartelloni che vantano la filosofia, l’azione e il culto del rais, l’unico, il solo, l’uomo che sa dov’è il Bene e dove il Male, Muammar Gheddafi. In hotel, trattengono il mio passaporto; me lo ridaranno il giorno della partenza. La città, disegnata da urbanisti italiani, è grande. La parte antica è sporca, dà le spalle al mare. La raccolta dei rifiuti non viene fatta in modo efficace. Per essere una città del Mediterraneo, noto che ci sono pochi caffè. I pochi luoghi in cui si può bere un tè o una limonata non sembrano molto accoglienti. L’alcool è rigidamente vietato. Nessuna donna nei caffè. Portano tutte il foulard in testa. Eppure non sono delle “sorelle musulmane”. Qui, il rais ha risolto presto il problema dell’islamismo, a modo suo. Non c’è un solo integralista che osi alzare la testa. Non c’è opposizione. Degli oppositori dovranno pure esistere, ma evidentemente non si palesano. I libici sono dei musulmani osservanti ma non fanatici. Un esempio: ero in un negozio di vestiti importati dall’Italia. Un’audiocassetta diffondeva un pezzo di Ben Harper. All’improvviso il giovane commerciante spegne lo stereo e, al suo posto, ascoltiamo il richiamo alla preghiera. Alla fine del richiamo, rimette la cassetta del cantante americano. Qui le donne portano il velo per rispetto della tradizione, per abitudine. Nessuno le obbliga a vestirsi così. Quel che è certo è che la Libia non vuole seguire l’esempio dell’emancipazione della donna sul modello europeo. I libici sono convinti di avere il miglior sistema politico e sociale del mondo, di avere perfino inventato “la vera democrazia”. Sono trentaquattro anni che si dice loro che la democrazia all’occidentale è solo un’illusione, che essa non può essere applicata a un popolo arabo e musulmano. Sono convinti che la democrazia di cui si parla durante i convegni nazionali, o nei quartieri, sia l’autentica strada con cui si esprime la volontà popolare. L’Occidente viene demonizzato. Ma poi, oggi. Gheddafi cade nelle braccia degli americani, si dice definitivamente deluso dagli arabi, si appresta ad aprire il suo paese al liberalismo e a questo Occidente che non ha mai smesso di criticare e di rifiutare. Ha accolto recentemente Tony Blair, anche se il caso della donna poliziotto, la signora Fletcher, uccisa nel 1984 davanti all’ambasciata della Libia a Londra non è risolto. Gli americani cercano un grande spazio per costruire la loro prossima ambasciata. Nel marzo scorso, Jacques Chirac ha ricevuto Seif al iIslam, uno dei figli di Gheddafi.



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