Ci vorrebbe una Thatcher by Antonio Caprarica

Ci vorrebbe una Thatcher by Antonio Caprarica

autore:Antonio Caprarica [Caprarica, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788873397304
editore: Sperling & Kupfer


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Sulla rete in bicicletta

I SOLDI comprano i business ma sono i nuovi business che creano più soldi. Il segreto della ricchezza di un Paese negli anni Duemila sono loro, quelle che nel gergo degli affari si chiamano start-up. Le nuove imprese, autentiche truppe d’assalto delle tecnologie più innovative, che nascono da un’idea senza un centesimo: sono i capitali di rischio convinti dal progetto a finanziarlo e farlo crescere. Ovviamente, quando funziona. Le capitali mondiali degli start-upper sono San Francisco e la mecca della Silicon Valley, cuore dell’industria IT, ma Londra si è lanciata all’inseguimento. Per quanto intenzionato a imitare la Thatcher trent’anni dopo, il premier Cameron non ha più Moloch industriali da privatizzare. Ma sa riconoscere un giacimento fruttifero quando lo vede. Perciò a marzo 2011 ha proiettato il suo gabinetto nell’iniziativa StartUp Britain: una joint-venture tra governo e imprese globali, come Barclays, Intel, BlackBerry, Microsoft, per promuovere e incoraggiare i nuovi imprenditori con un primo sussidio di 1.500 sterline.

In un pomeriggio londinese normalmente piovoso è Luke Johnson, presidente di StartUp Britain, ad accompagnarmi in giro per l’«acceleratore» della Wayra, nel cuore di Westminster. Non sapete che cos’è un acceleratore? Non lo sapevo nemmeno io. No, niente a che vedere con quello del CERN a Ginevra, anche se il concetto è quasi lo stesso. Solo che qui al posto delle particelle subnucleari ci sono appunto le idee.

Un acceleratore, secondo la definizione del rapporto 2011 The StartUp Factories, fornisce finanziamenti in cambio di azioni di una società allo stato nascente. E sviluppa interi battaglioni di start-up invece di una sola. La spesa calante della tecnologia – i costi dell’hardware sono diminuiti fino a cento volte rispetto allo scorso decennio – significa che le imprese possono partire con poco capitale. Così l’acceleratore della Wayra (gestita dalla spagnola Telefónica) ospita nella sua «accademia» nel centro di Londra ben sedici progetti in fase embrionale selezionati tra più di mille domande.

Ognuno dei prescelti ha ricevuto un’iniezione di contante per 50.000 euro e spazio d’ufficio per sei mesi. In cambio, Telefónica prende il 10 per cento delle azioni. Per la società spagnola di telecomunicazioni, si tratta di una forma innovativa di ricerca e sviluppo. Agli aspiranti imprenditori, il programma offre capitale, assistenza e un posto intellettualmente vivace per lavorare. Insomma, l’occasione della vita. Sul bancone metaforico di questi ragazzi ci sono soprattutto business digitali, che loro dirigono con lo stile e la determinazione di tycoon in erba. In giro per il mondo Telefónica ha altri dodici «stabilimenti d’idee» come questo, con più di centosettanta gruppi di giovani «Archimede del web» intenti a cercare di creare la prossima Facebook.

Non è detto che si debba trattare soltanto di start-up digitali. A Cambridge un altro acceleratore è stato creato da Edward Atkin, che ha fatto una fortuna dalla vendita di Avent, una società per la cura del bambino. Una parte dei suoi molti milioni ha deciso di investirli in un complesso industriale chiamato ARCC. È qui che Atkin spera di allevare designer e imprenditori manifatturieri, e perciò continua a



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