Cugini di sangue by Karen McManus

Cugini di sangue by Karen McManus

autore:Karen McManus [McManus, Karen]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-07-25T12:00:00+00:00


Allison ringraziò con una silenziosa preghiera il signor Mugg di essere troppo all’antica per installare le videocamere di sicurezza, prese un test dallo scaffale e se lo lasciò cadere nella borsa. Poi si voltò, e impietrì.

«Guarda, guarda, guarda.» Anders era a pochi passi da lei, con un sorrisetto che non lasciava dubbi sul fatto che avesse visto esattamente che cosa lei stava per rubare. «Che cosa sta succedendo qui?»

12

JONAH

Sabato mattina mi sveglia uno squillo persistente. Nella mia camera si soffoca dal caldo; scosto le lenzuola aggrovigliate che mi pesano addosso, allungo la mano verso il pavimento e prendo il telefono. Efram non c’è, probabilmente aveva il primo turno in piscina. Io non devo presentarmi al Sevens che a mezzogiorno, per cui anche se sono le dieci passate posso restare a letto un’altra ora. E vi sarei restato, se non fosse stato per... Oh, cavolo.

Mio padre. Vorrei lasciar scattare la segreteria, ma non posso. So perché sta chiamando. «Ciao, papà» dico, mettendomi a sedere. «Com’è andata l’udienza di fallimento?»

«Rimandata.»

«Scusa?»

«Io e tua mamma abbiamo bisogno di un po’ di tempo ancora per mettere a punto il piano di concordato preventivo da presentare. Così abbiamo chiesto al curatore fallimentare una proroga fino alla settimana prossima, e lui ce l’ha concessa.»

«Okay» dico con cautela. «È un bene o un male?»

«È un bene. Ci dà maggiori possibilità di tenerci l’Empire.»

Empire sta per Sala da biliardo Empire, che prende il nome dal film preferito di mia madre, Empire Records. I miei genitori l’hanno comprato quando ero troppo piccolo per ricordarmi com’era la vita prima che diventasse l’attività di famiglia. Il mio ricordo iniziale dell’Empire è la festa per il secondo anniversario, quando avevo cinque anni. Mio padre che ne varcava la soglia con mia madre in braccio, e io che li seguivo immergendomi nella festa più grande che avessi mai visto. Anche se, a ripensarci più di dieci anni dopo, probabilmente c’erano solo i nostri parenti, qualche operaio edile e qualche idraulico che erano diventati clienti fissi, e un sacco di palloncini.

Non importava. Amavo quel posto. Mi sembrava magico; un luogo in cui potevo imparare un nuovo gioco e dove gli adulti erano sempre felici. Mi ci sono voluti molti anni per capire quanto di quel buonumore scaturisse dalle bottiglie servite al bar, e quante volte il barista, Enzo, le negasse con estremo tatto ai clienti abituali che avevano bevuto troppo. Ma all’Empire niente sfuggiva mai di mano. Era la mia casa scura e umida dal pavimento appiccicoso.

«Jonah?» La voce di papà mi riporta al presente. «Ci sei ancora?»

«Sì. Hai detto che avresti più possibilità di tenere l’Empire. Ma non è sicuro, giusto?»

«Niente è sicuro. Stiamo facendo il meglio che possiamo.»

Quando ho finito il mio turno all’Empire, la sera prima di partire per l’Isola del Gabbiano, mi ero preparato alla possibilità di trovarlo chiuso al mio ritorno. Pensavo di essere pronto. Ma ogni volta che uno dei miei genitori mi chiama per aggiornarmi, mi prende una mescolanza di risentimento e ansia che mi attanaglia lo stomaco.



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