Diaz - Processo alla polizia, N.E. by Alessandro Mantovani

Diaz - Processo alla polizia, N.E. by Alessandro Mantovani

autore:Alessandro Mantovani [Mantovani, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fandango Libri
pubblicato: 2021-07-06T22:00:00+00:00


Processo

“Sono scomparse le molotov.” Il colpo di scena arrivò alla settantesima udienza del processo, il 17 gennaio 2007. Era arrivato il momento di presentare le due bottiglie nell’aula bunker del tribunale di Genova, alla presenza dei funzionari che avevano partecipato al loro ritrovamento, quello vero, avvenuto in corso Italia: il vicequestore Pasquale Guaglione di Bari e i superiori Maurizio Piccolotti e Valerio Donnini. La procedura richiede che il corpo di reato sia riconosciuto davanti alle parti. Il pubblico ministero, al quale spetta formalmente la custodia degli oggetti sequestrati, fu costretto ad annunciare che non si trovavano più. Non ce n’era più traccia all’ufficio corpi di reato della questura di Genova.

Ai pm e agli avvocati di parte civile sembrò l’ennesimo boicottaggio della polizia. Erano scomparse in un ufficio della questura e Zucca in aula ipotizzò che “qualche imputato” potesse “avere a che fare” con quella scomparsa. Anche il presidente del tribunale, Gabrio Barone, era esterrefatto. Per la prima volta si pensò che quel giudice potesse condannare i dirigenti imputati. Non andò così.

I difensori dei poliziotti accusarono di negligenza i pm. Si scatenò l’agguerrita pattuglia guidata dall’avvocato Corini di La Spezia che difendeva gli uomini di punta dello Sco e delle squadre mobili: Caldarozzi, l’allora capo della mobile spezzina Ferri e i suoi uomini, Gava e Ciccimarra, ai quali si è poi aggiunto Gratteri, difeso anche dal professor Nico D’Ascola. “Senza il corpo di reato non si può proseguire il processo”, sosteneva Corini. Con lui Carlo Di Bugno, avvocato di Luperi insieme al professor Enrico Marzaduri e a Maurizio Mascia, legale dei “genovesi” Mortola e Dominici.

Anche al processo i poliziotti si presentarono divisi per reparti e comparti di appartenenza. Da una parte gli uomini dello Sco e delle squadre mobili di fuori, da un’altra i “genovesi”, da un’altra ancora i responsabili della celere romana. Quattro capisquadra del VII erano difesi dall’avvocato Piero Porciani, esponente dell’estrema destra milanese, già candidato alle elezioni per la Fiamma Tricolore. Canterini e Fournier, così diversi fra loro, erano congiuntamente assistiti dai genovesi Silvio e Rinaldo Romanelli, che difendevano anche Nucera, Panzieri e gli altri tre capisquadra.

Al clamoroso annuncio della scomparsa delle molotov seguirono due intere udienze di fitta discussione sull’intricata vicenda. Fu confermata la distruzione del reperto da parte di un artificiere della polizia, Marcellino Melis, come al solito “per errore”. La Procura aprì l’ennesima inchiesta, stavolta per “distruzione di corpo di reato”. Al termine di lunghe e dotte esposizioni il tribunale accolse la tesi dei pm e delle parti civili: il processo poteva proseguire con le sole fotografie delle famigerate bottiglie.

Si era aperto il 6 aprile 2005, il processo per i fatti della Diaz. Sembrava non cominciasse mai. Prima il legittimo sospetto e il tentativo delle difese di spostare tutto a Torino, stroncato dalla Cassazione; poi un problema di composizione del collegio. Era poco meno di un maxi-processo: ventinove imputati, 120 parti civili e cioè quasi tutti coloro che si trovavano alla Pertini/Diaz e una buona parte di chi era alla Pascoli, il Genoa Social Forum,



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