Ebraismo by Hans Küng

Ebraismo by Hans Küng

autore:Hans Küng
La lingua: eng
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2013-02-12T00:00:00+00:00


2. Che cosa significa: Dio ha un figlio?

Spesso gli stessi ebrei, in ogni caso i musulmani, ma qualche volta anche i cristiani, ignorano che pure nell’ebraismo, nella Bibbia ebraica, viene usata la parola «Padre» per indicare Dio12 e l’espressione «figlio» di Dio per indicare l’uomo: per esempio il popolo di Israele,13 gli israeliti vengono detti «figli di Dio»14 oppure «figli del Dio vivente»,15 ma soprattutto il re di Israele è chiamato «figlio» di Dio.16

Il nostro problema è ora questo: l’ebreo Gesù di Nazaret ha mai detto di essere figlio di Dio? Qui si deve anzitutto rilevare che, come l’ebraismo in genere, anche Gesù di Nazaret non si è esplicitamente vincolato a formule e a dogmi. Basta leggere i vangeli sinottici per constatare che Gesù non ha coltivato speculazioni elevate, come i filosofi greci o i mistici, né certamente si è dedicato alla dotta casuistica halachica, come i rabbi. Esprimendosi con proverbi comuni, universalmente comprensibili, con brevi storie e parabole ricavate dalla semplice vita di tutti i giorni, accessibili a chiunque, Gesù al centro della predicazione non poneva la propria persona, il proprio ruolo, la propria dignità, ma Dio: venga il regno di Dio, sia santificato il nome di Dio, sia fatta la volontà di Dio. La volontà di Dio, che l’uomo deve adempiere servendo il suo prossimo. Nessuna rivelazione segreta, nessuna allegoresi profonda. Gesù non interroga nessuno sulla vera fede, sulla professione di fede ortodossa, sull’osservanza della halakhà. Non si aspetta una riflessione teorica, ma l’urgente decisione pratica: sequela, ortoprassi nel senso radicale della dedizione.

Un tale annuncio di Dio certo non sarebbe a priori inaccettabile per gli ebrei: in ogni caso esso non era «radicalmente non ebraico». Ma, come si può in qualche modo chiarire agli ebrei che questo annunciatore del regno di Dio deve essere chiamato anche figlio di Dio, e per alcuni addirittura Dio? Non sorprende che Gesù non abbia parlato alla maniera della teologia successiva per annunciare il grande «mistero»: Dio è uno, un’unica natura, ma in tre persone, e io sono la seconda persona divina, che ha assunto una seconda natura, quella umana?

Si pone però poi, per converso, la domanda costruttiva: come va visto, secondo lo stesso Nuovo Testamento, il rapporto di Gesù con Dio? Questa è la domanda cristologica (e, nel suo nucleo, anche trinitaria) originaria.

Su tre punti non esistono dubbi secondo le fonti:

– Gesù ha parlato, pregato, lottato e sofferto in forza di un’esperienza, di una presenza, di una certezza di Dio ultimamente inesplicabili, anzi in forza di un’unità con Dio inteso come suo Padre.

– Egli però – e in questo oggi concorda l’esegesi storico-critica sia ebraica sia cristiana – non ha riferito a se stesso il titolo di figlio di Dio.

– La sua pretesa però – e qui comincia la disputa ebraico-cristiana – di fatto andava oltre quella di un profeta: in questo senso egli, contro l’insegnamento e la prassi dominanti, l’insegnamento e la prassi quindi dei ceti dominanti, si attribuiva l’autorità di Dio. Qui, in lui – e lo si poteva valutare in senso positivo o negativo – c’è di fatto «più che Mosè», più che i profeti.



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