Fratelli Nella Notte by Cristiano Cavina

Fratelli Nella Notte by Cristiano Cavina

autore:Cristiano Cavina [Cavina, Cristiano]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858828861
Google: 7R2dDgAAQBAJ
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2017-05-16T22:00:00+00:00


Tarzan, 1944

Procedettero con cautela nei boschi, tenendo la direzione per la valle del Senio.

Quando sentivano dei rumori si fermavano o cambiavano direzione, deviando in larghi giri ma sempre puntando a nord.

L’uomo ferito alla testa non vedeva per via del sangue raggrumato, Tarzan sembrava svenuto anche quando era sveglio. Gli unici occhi buoni erano quelli di Genoveffa, che avevano comunque bisogno di un paio di occhiali tenuti su dalla canapa.

L’eco di sporadici colpi si propagava dalle cime più lontane, facendosi strada nella sera.

Scendeva rapida, e non si poteva continuare a camminare di notte.

C’era da perdersi, col rischio di tornare indietro per sbaglio.

Peggio ancora, si rischiava di ruzzolare giù per i rivali, come Tullio di Val di Fusa, che nel ’42 era volato di sotto con la cesta di capponi che stava portando in paese. Si erano rotti l’osso del collo anche loro.

Genoveffa li fece sedere.

“Aspettate qui,” disse. La sentirono andarsene con un fruscio.

I suoi passi leggeri si allontanarono strizzando le foglie marce e i ramoscelli inzuppati dalla pioggia, poi più niente.

Tarzan aveva le ossa gelate, ma la carne intorno alla ferita bruciava e sembrava contorcersi.

La testa fasciata del partigiano della Mao ciondolava da una parte all’altra.

Il tempo aveva un modo tutto suo di passare, nel bosco.

Ogni colpo di vento tra gli alberi era uguale a quello successivo, e poi a un altro ancora; dopo un poco si perdeva il conto.

Se Tarzan avesse visto almeno una volta il mare, gli avrebbe ricordato le onde.

Passò un colpo di vento o forse ne passarono un’infinità, poi Genoveffa tornò.

“Andiamo,” disse.

Aveva trovato una grotta.

Non lo era.

Le grandi piogge di quell’autunno del ’44 avevano scavato il terreno sotto due grandi castagni, lasciando una rientranza sotto i tronchi larghi e contorti.

Ci strisciarono dentro.

Radici grosse come braccia, vecchie di secoli, stringevano terra e pietre come due grandi pugni.

Era una buca umida e fangosa, ma riparata e distante dai sentieri che si intrecciavano in quella zona.

Solo una sottile striscia rivoltata da piccole orme indicava il passaggio di qualche animale selvatico, forse lepri o istrici. Cinghiali e caprioli erano fuggiti nei valloni più remoti, sfollati anche loro come i cristiani.

C’erano solo il vento e l’odore del terriccio fradicio.

Respiravano piano.

Genoveffa e l’uomo con la fasciatura perché avevano paura, Tarzan perché oltre a quella aveva poco fiato.

Continuava a perdere il giudizio e nei brevi sogni della febbre sentiva la voce del ricovero che chiedeva di Teresa.

Si svegliava di colpo con il cuore di traverso nella gola.

A volte gli sembrava di indovinare i richiami delle pattuglie tedesche, in quella lingua incomprensibile che lo spaventava a morte.

Cominciò a singhiozzare.

Il partigiano della Mao gli mise la mano davanti alla bocca, cercandola a tentoni.

Le dita erano sporche e Tarzan sentì sulle labbra il sapore della terra.

Ebbe nitida, anche se non avrebbe mai saputo esprimerla a parole, la coscienza di sé, lontano da casa, solo, sotto terra.

Stava morendo sepolto vivo.

Si svegliò all’alba e si accorse che Genoveffa non c’era più.

L’uomo con la fasciatura stava ancora dormendo.

Non lo conosceva.

Molti partigiani venivano dai paesi della Bassa.

Nella compagnia Mao c’erano due



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