Gli anni delle meraviglie. Da Piero della Francesca a Pontormo. Il tesoro d'Italia II (2014) by Vittorio Sgarbi

Gli anni delle meraviglie. Da Piero della Francesca a Pontormo. Il tesoro d'Italia II (2014) by Vittorio Sgarbi

autore:Vittorio Sgarbi [Sgarbi, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani


Bramantino, Cristo dolente, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid

Giovanni Antonio Amadeo, particolare della facciata della Cappella Colleoni, Bergamo

GIOVANNI ANTONIO AMADEO

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SCULTORE DELL’ARMONIA

Giovanni Antonio Amadeo è, di gran lunga, l’artista, architetto e scultore più significativo della seconda metà del Quattrocento in Lombardia. E in alcune opere chiave – come per la Certosa di Pavia, per la Cappella Colleoni a Bergamo, per il duomo di Milano – è formidabile la sua capacità di organizzazione dei cantieri, con un interventismo esuberante. Proprio negli anni più fertili per l’arte italiana soprattutto nel Nord Italia, tra il 1470 e il 1475, parallelamente ad architetti in pittura come Piero della Francesca, Mantegna, Francesco del Cossa, Amadeo perfeziona il nesso fra architettura e decorazione stabilito dal suo autorevole maestro, il Filarete, in una delle più eleganti costruzioni del Rinascimento padano: la Cappella Colleoni a Bergamo. L’architettura a pianta centrale è sovrastata da una decorazione plastica in perfetto contrasto con il linearismo strutturale di Piero e di Bramante, che perseguono la pura essenza architettonica. Amadeo, con nostalgia gotica, totalmente superata nel nuovo gusto, pensa ai fiori, alle sculture, e vede l’architettura come geometrica e regolare cornice per una florida decorazione plastica. Così, per la Certosa di Pavia concepisce, come osserva l’Arslan, “una agevole intelaiatura per le sculture destinate a decorarla”.

La sua ricerca estetica fu più intuitiva che ispirata ai modelli aggiornati degli artisti toscani al Bramante. A Pavia e a Bergamo egli si misura con un’evoluzione naturalistica del gusto gotico, che ne fa una sorta di Jacopo della Quercia in ritardo nel Nord. È probabile che, nella elaborazione di questo gusto, egli abbia trovato forti sollecitazioni nella prolifica impresa del meno conosciuto Giovanni Antonio Piatti e di Cristoforo Mantegazza. Se ne vede l’influenza nella porta marmorea del chiostro piccolo della Certosa di Pavia e nei rilievi della cassa superiore del monumento funebre a Bartolomeo Colleoni a Bergamo, e ancora nelle statue esterne con allegorie femminili sempre per la Cappella Colleoni.

Non diversamente dagli scultori dai quali prende esempio e metodo, Amadeo lavora fin da subito in concerto con una nutrita bottega, per far fronte a importanti e impegnative commissioni. Da qui deriva l’equivoco dell’attribuzione di opere non sue, ma tra le più significative dell’epoca, come l’Arca dei Martiri Persiani di Cremona. Pur tanto diramato e con tanti collaboratori nei più importanti cantieri lombardi, Amadeo ha una cifra stilistica prevalente, che è proprio all’opposto dell’autore delle formelle dei Martiri Persiani, perfino nella concezione dello spazio. Le sue opere autografe e quelle più certe lo dimostrano infatti più incline a una visione apollinea, composta, estranea alla frenesia dionisiaca dei Mantegazza. Ne abbiamo prova in alcuni rilievi della facciata per la Certosa di Pavia, la Resurrezione di Lazzaro, Gesù fra i dottori, l’Ecce Homo. Dove, pur non rinunciando ai caratteristici e virtuosistici panneggi, la composizione appare più misurata e con un’armonia formale composta, più toscana che ferrarese. È una propensione che Amadeo confermerà nelle opere mature, come nell’Arca di San Lanfranco a Pavia nel 1498, in dialogo e in sintonia con le novità del Bergognone, di Leonardo, e perfino di Raffaello.



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