I figli di Ares by Umberto Curi
autore:Umberto Curi
La lingua: ita
Format: epub
editore: CASTELVECCHI
pubblicato: 2017-09-12T16:00:00+00:00
2. TRA FREUD ED EINSTEIN
«La guerra non si lascia sopprimere; fintanto che la condizioni di vita dei popoli saranno tanto diverse, e l’astio fra essi tanto profondo, dovranno pur esservi guerre»65. In questi termini, pur avendo modificato l’atteggiamento di entusiasmo patriottico66, col quale aveva originariamente accolto la notizia dell’inizio della Prima guerra mondiale, Sigmund Freud commentava l’avvio delle ostilità tra la Francia e la Germania. Nessun atteggiamento moralistico, dunque, né alcun rifiuto puramente emotivo della guerra in quanto tale. Ma un ribadito sforzo di comprensione razionale del fenomeno, collegato all’analisi delle pulsioni fondamentali e insopprimibili proprie di tutti gli esseri umani.
D’altra parte, un approccio molto simile a quello ravvisabile nelle Zeitgemässes era presente già nel secondo saggio contenuto nel testo pubblicato un paio di anni prima67, nel quale il fondatore della psicoanalisi aveva formulato la teoria dell’«orda primitiva», quale spiegazione dell’origine e della persistenza dell’impulso bellico negli uomini. In quelle pagine veniva avanzata l’ipotesi che l’oscuro senso di colpa che domina l’umanità fin dai più antichi tempi, e che in varie religioni si è condensato nell’idea di una colpa primordiale, era presumibilmente la manifestazione di un delitto di sangue, del quale l’umanità si era resa colpevole. Se, ad esempio, il peccato originale, di cui parla la religione cristiana, fu una colpa contro Dio padre, è lecito supporre che il più antico delitto dell’umanità sia stato un parricidio, vale a dire l’uccisione di quel padre primordiale della primitiva orda umana, la cui immagine mnestica è stata successivamente trasfigurata in divinità68.
Rispetto all’impostazione definita nel volume del 1912-1913, le Zeitgemässes ribadiscono la convinzione che la guerra possa essere spiegata a partire da due asserzioni fondamentali. Anzitutto, l’idea che «gli impulsi primitivi, selvaggi e malvagi dell’umanità non sono affatto scomparsi, ma continuano a vivere, seppure rimossi, nell’inconscio di ogni singolo individuo, aspettando l’occasione di potersi riattivare»69. In secondo luogo, la psicoanalisi «ha insegnato che il nostro intelletto è qualcosa di fragile e dipendente, gingillo e strumento delle nostre pulsioni e dei nostri affetti, e che siamo costretti ad agire ora con intelligenza ora con stoltezza a seconda del volere dei nostri intimi atteggiamenti e delle nostre intime resistenze»70. Sebbene, dunque, lo svolgimento della guerra mondiale, fin dai primi mesi, abbia trasformato l’iniziale entusiasmo di Freud in uno «scoramento quasi apocalittico»71, egli continua tuttavia a ritenere che la guerra debba essere interpretata in rapporto alle due fondamentali «scoperte» compiute dalla psicoanalisi, e in particolare debba essere ricondotta alla teoria enunciata in Totem e tabù.
Sulla base delle premesse enunciate nel 1912-1913, e poi sostanzialmente riconfermate anche negli scritti coevi alle prime fasi della guerra mondiale72, le conseguenze sul piano dell’atteggiamento da assumere nei confronti della guerra, da parte di chi condivida l’approccio della teoria psiconalitica, sembrano intuitive. Si tratterebbe di «piegarsi alla verità» e conseguentemente di adattarsi alla guerra. Sembrerebbe ineluttabile, infatti, «restituire alla morte, nella realtà e nel nostro pensiero, il posto che le compete, dando un rilievo un po’ maggiore a quel nostro atteggiamento inconscio di fronte alla morte che ci siamo fino ad ora sforzati di reprimere con cura»73.
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