I Gonzaga by Luca Sarzi Amadè

I Gonzaga by Luca Sarzi Amadè

autore:Luca Sarzi Amadè [Amadè, Luca Sarzi]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economica Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2021-06-15T00:00:00+00:00


Il muscoloso abate

In quelle giornate mirabili il vero protagonista non è però il capitano del popolo, ma il fratello maggiore, un sapiente illegittimo, Guidone da Gonzaga, detto Guido, trentenne, longa manus della Casata nel capitolo del Duomo anche perché, lui solo tra i canonici, i quali erano da sempre espressione locale, era protonotario apostolico, carica del tutto romana; è lui, all’ombra – o, meglio, a tergo – del vescovo Uberti, il vero uomo della Dinastia all’interno della Chiesa.

La sua in verità è la storia di due fratelli – e qui siamo alle solite – bastardi, che il padre, scalpitante ventenne, aveva generato, come ricorderete, da una donna per giunta sposata, dacché la moglie, Agnese Visconti, come abbiamo visto, stentava a tributargli un erede. Dunque due fratelli maggiori – e di almeno sei o sette anni rispettivamente! – del legittimo successore alla signoria (di naturali ne ebbe almeno altri quattro tra maschi e femmine!). Cosa farne? Tolta di mezzo la Visconti e passato a seconde, più giuste nozze, nel 1393 il pio, il saggio Francesco aveva stabilito anche il destino dei due rampolli – uno di quattro, l’altro di tre anni – e aveva impetrato dal papa napoletano la dispensa super defectu natalium giustificata dal desiderio, da loro stessi dichiarato (testuali parole della bolla pontificia), di entrare nella milizia di Cristo. Subito, il giorno di san Martino, il santo padre conferì in commenda al più piccolo dei due il prio­rato di San Benedetto di Ficarolo, il monastero matildico che appare, in sinistra Po, ai naviganti che escono dal Mantovano. Il vuoto lasciato da Sagramoso evidentemente pesava.

In più, siccome la seconda moglie gli aveva dato un solo erede, il capitano uxoricida, ossessionato dal timore che il figlio morisse, nel 1403 spillò a re Venceslao il privilegio di trasmettere in tal caso la successione dinastica ai propri figli adulterini.

Fatta questa premessa, troviamo poi, sul far del Quattrocento, Guido, il figlio bastardo di cui dicevamo, adolescente a Padova, la città che il padre aveva appena guadagnato alla Dominante: là, sotto la mano di Francesco Zabarella, un infaticabile propugnatore dell’unità del papato, un giurista, un canonista che sarà l’anno dopo vescovo a Firenze, e poi cardinale, il 12 dicembre 1409 conseguì a ventun anni la licenza di diritto canonico.

Anche la Città del Santo era però lordata dal clero degenere. Nell’abbazia di Santa Giustina, una delle più grandi del mondo, divenuta, sotto la tirannide dei Carraresi, ricettacolo di giochi, d’azzardo e di Venere, erano rimasti soltanto tre benedettini neri; cosicché, giusto quell’anno, a rimettere le cose a posto sotto il cielo della Repubblica, arrivò il nuovo abate, il giovane, ascetico patrizio veneziano Ludovico Barbo, zelante alfiere del pontefice, Gregorio XII, suo concittadino. E dopo decenni di crapula e di lussuria, fu finalmente riforma: in capo a dieci anni Guidone vide le neglette mura rinascere più belle e più ampie (non più ore ed ore di vuota liturgia, ma giornate di meditazione; non più dormitori collettivi, ma singole celle), rifiorire di monaci fino al numero di cento,



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