I masnadieri by Giuseppe Di Menza

autore:Giuseppe, Di Menza [Giuseppe, Di Menza]
La lingua: ita
Format: epub

Barberino in vero, non è dei Maurini, né tampoco dei Polizzani. Egli deriva d Castronovo.

Mugnaio di origine, Barberino era un bel giovane quando or è un anno lo abbiamo visto la prima volta in un precedente dibattimento. Ora la giubba del galeotto e la carenza assoluta di barbette e di basette lo hanno pressochè deformato. La carriera di Barberino erasi iniziata col malandrinaggio come quelle di Rinaldi, di Leone e di Capraro. Egli non fu un masnadiere di occasione, siccome Valvo, Botindari e lo stesso Rocca; iniziato di buona ora nei misteri del malandrinaggio di Castronuovo e dintorni, fece alleanza con Vincenzo Varsalona, di cui amò tanto e tanto la figliuola Maria, e per qualche tempo sino ai primi mesi del 1873 se ne stette a cavallo al fosso un piè sul malandrinaggio e un altro sulle avventure galanti del paese dove, facendo il galantino, si dava le viste di un galantuomo.

Il Galantino però a 29 giugno del 1873 aggrediva nella valle di Nocilla l’orefice Vincenzo Longo che, reduce dal mercato di Castronovo, era caduto nella rete tesagli dal malandrinaggio del paese; imperocchè erasi affidato al vetturale Vincenzo Varsalona, il malandrino, amico e compagno del Barberino, e Varsalona lo condusse là dove occorreva per essere malmenato e saccheggiato.

Barberino, Varsalona e due compagni di occasione, fecero largo e pingue bottino in danno del povero orefice.

Varsalona, venuto in sospetto, cadde in processura e venne condannato; Barberino allora fa costretto a lasciare Castronovo e salvarsi con la fuga.

Allora la banda di Vincenzo Capraro, forte di non men che 13 gregarj, scorazzava potente nel circondario di Sciacca sino allo estremo confine della Provincia di Palermo. Barberino, compromesso per la grassazione dell’orefice Longo trovò accoglienze e ricovero presso la banda di Capraro, e da semplice gregario partecipò a molte fazioni, grassazioni e ricatti e specialmente poi ebbe parte principale in una grassazione clamorosa a danni del conte Lo Bue di Casteltermini.

Ebbe allora a compagni il Rosolia, i fratelli Alfano e forse anche quel Gaudenzio Plaja, che più tardi alla morte del capo banda Capraro assunse il comando dei superstiti gregarj di quella banda.

Il Barberino però era della scuola di mastro don Peppino lo armiere, non avea che a metà la vocazione del masnadiere. Egli possedeva tutte le qualità, meno quelle della disciplina, dello spirito di corpo, e la pazienza nella vita aspra e dura delle rupi e delle caverne.

Barberino, precisamente come mastro don Peppino, pria di ogni altro col cuore vuoto tutte le 24 ore non sapeva stare, e dei suoi napoleoni d’oro conquistati in ogni bottino, voleva farne scialo e festa con le sue amanti di Castro nuovo. Egli è per questo che a impresa compiuta lasciava la banda e tornava sui suoi passi, aspettando un buon affare per mettersi nuovamente in campagna.

La carriera di ventura pertanto fece di Barberino un masnadiere di gabinetto, simile a quei che in diplomazia si dicono corrieri di gabinetto, e son destinati a tenere vive e segrete le corrispondenze diplomatiche. Barberino, a cagione della sua carriera nomade, fu

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