Il brand by Veronica Gabrielli

Il brand by Veronica Gabrielli

autore:Veronica Gabrielli [Gabrielli, Veronica]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Farsi un'idea
editore: il Mulino
pubblicato: 2012-12-14T22:00:00+00:00


Gli esempi appena citati concorrono a sottolineare che la medesima impresa non sempre adotta la stessa strategia su tutti i brand. Ferrero, in questo caso, ha scelto opzioni differenti all’interno della stessa linea Kinder. Per alcuni prodotti si è affidata alla forza esplicativa di un ingrediente, in altri casi ha inteso suscitare sorpresa con un nome meno esplicito.

La scelta non può essere casuale. La selezione del nome corrisponde ad un intento di posizionamento del prodotto e di connotazione della propria gamma d’offerta. Probabilmente era importante per Ferrero sottolineare di aver inserito un elemento sano dal punto di vista nutrizionale, come i cereali, all’interno di una linea di prodotti a base di cioccolato, al pari era importante esaltare la presenza del cioccolato nella merendina Kinder che, tradizionalmente, vedeva nei modelli precedenti (es. Kinder Brioss) la presenza di un ripieno di marmellata. In questi due casi ha quindi optato per sottomarche descrittive. Per i prodotti Kinder Bueno e Kinder Delice si è pensato invece di puntare su un effetto sorpresa poiché composti da una combinazione di ingredienti già largamente diffusi all’interno della linea. Ecco dunque che in questi due casi è stato più opportuno l’utilizzo di sottomarche energizzanti.

L’esempio Ferrero diventa ancora più interessante se si pensa che la stessa impresa ha scelto per l’ambito delle praline una strategia multiforme: da una parte naming disgiunti per il Pocket Coffee ed il Mon Chérie, dall’altra un’azione di sottomarca che parte dal marchio aziendale per la linea Ferrero Rocher poi ampliata attraverso le sottomarche Ferrero Rocher Rondnoir (sottomarca descrittiva) e Ferrero Rocher Garden (sottomarca energizzante).

Ferrero non è l’unico esempio di una strategia di branding variegata, che accosta l’adozione di alcune tra le soluzioni di gestione dei brand finora presentate. Si pensi a quanto avviene nell’ambito della produzione di profumi. Molti di questi prodotti si fregiano della firma di note case di moda: Chanel, Gucci, Calvin Klein, Dior… In alcuni casi la griffe gioca un ruolo primario ed imprescindibile nel nome (ad esempio Miss Dior Chérie), in altri casi sembra quasi voler cedere il palcoscenico al prodotto stesso, attraverso una presenza discreta (ad esempio CK One).

Quando la marca originaria, nella fattispecie la griffe di moda, continua ad assumere un ruolo protagonista nella neo-nata sottomarca, è stata adottata una tecnica di sottomarca (descrittiva o energizzante) a ruolo principale del marchio aziendale; viceversa, quando la griffe non prevale nel nome del nuovo prodotto, è stata adottata una tecnica di sottomarca a ruolo condiviso. Qualunque delle due tecniche si stia adottando, la forza impressa dal marchio aziendale è evidente. Lo dimostra il fatto che nel pronunciare il nome del prodotto, sia esso Miss Dior Chérie oppure CK One, il consumatore non possa esimersi dal menzionare anche il business brand (Dior e Calvin Klein). Il nuovo prodotto è così presentato come una derivazione del marchio aziendale. Per questa ragione si dice che questa opzione sia la più prossima alla strategia di branded house in termini di ruolo-guida esercitato dal marchio aziendale in quanto la paternità del prodotto rimane evidente ed ineluttabile.



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