Il campo di concentrazione [LDB] by Ottiero Ottieri

Il campo di concentrazione [LDB] by Ottiero Ottieri

autore:Ottiero Ottieri [Ottieri, Ottiero]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2021-12-17T23:00:00+00:00


Ieri sera tornando ho trovato il vecchio che russava e C. già a letto. Nessun altro. La clinica sembrava deserta. Digiuno, mi sono sdraiato sul letto a fumare. Ho sentito una sorta di grido, uno stridio piuttosto. Poteva essere lo spaccarsi di un vetro. Non vi ho molto badato. Ho detto di voler uscire nella dépendance per vedere se c’era qualcuno. Mi hanno risposto che – strano – l’infermiera E. era in giardino. Appena in giardino ho udito un grido forte, stridente e secco. Non un urlo, un grido. In quel momento ho incontrato l’infermiera E. la quale mi ha raccontato che era la mite ammalata M. (una ragazza abitante qui da cinque anni, che passeggia tutto il giorno innocua, che parla con qualche inceppo di parola): si disperava perché suo padre stava morendo. L’ammalata voleva rimanere sola, in giardino, di notte, mandare un altro grido, poi sarebbe rientrata. L’infermiera è tornata in clinica, io mi sono diretto verso la dépendance. Passando davanti a un vialetto laterale ho intravisto l’ammalata tra il fogliame, nelle ombre della notte estiva. Ho avuto un brivido. Non mi sono avvicinato, sono andato diritto, con leggera paura. Non ho più paura della pazzia. Nella dépendance ho incontrato il dottor Y. e S., che si lamentavano della tristezza della clinica. Avevano udito, come cosa normale, il primo e il secondo grido. Abbiamo atteso il terzo. Non è venuto o non l’abbiamo sentito. Ho raccontato loro delle idee suicide di Caterina e del Diario di Pavese. Abbiamo parlato del suicidio stoico degli antichi romani. Poi, felici, siamo andati a letto.

(S’è fatto il primo di marzo, il mese in cui sono nato. Sto in clinica da nove mesi, pur – come ho scritto – con periodi anche di un mese passati in Italia. Dopo la ricaduta dei primi di gennaio sto meglio e forse tra una settimana potrà scattare il programma fatto dall’analista: per tre mesi, quattro giorni a casa in Italia, dieci giorni in clinica. Naturalmente il programma è doppiato dal «Vedremo». Io stesso ormai dico «vedremo» a me stesso. È tornato il ragazzo agitato, per una nuova crisi maniacale, abita al piano terreno, nella stanza con il vecchio biascicoso. Gira per l’ingresso e la sala da pranzo, ricciutissimo, con una striscia di barba, completamente nudo, avvolto in una tenda a fiori. La tranquilla ragazza dei gridi sta male, muove continuamente le mani nell’aria come giocando o cercando qualcosa. È da un mese legata a letto. Mi ha raccontato che si annoia un po’. Io sono stato trasferito di forza nella dépendance, in una bella camera, insieme a uno svedese solitario che lavora quasi tutto il giorno a orchestrare un suo pezzo. È un musicista, viene qui ogni tanto per riposarsi. Dopo un primo spavento a lasciare la vecchia grande casa, mi trovo bene nella dépendance. Ho la chiave della casa grande. Apro e chiudo con orgoglio. Abbiamo avuto una festa di carnevale sabato scorso, qui nel soggiorno della dépendance, dove, per l’appunto, dà la mia camera. La follia delle mascherature grottesche si deponeva sulla follia vera, raddoppiandola.



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