Il cinema italiano degli anni Sessanta by Steve Della Casa

Il cinema italiano degli anni Sessanta by Steve Della Casa

autore:Steve Della Casa [Della Casa, S.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Lampi
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-04-15T00:00:00+00:00


3. Il boom economico

Ma il cinema italiano di quegli anni è molto altro ancora. Intanto, per tutto il decennio è nettamente dominante sul mercato interno e riesce quasi sempre a superare, sul piano delle vendite all’estero, i prodotti hollywoodiani, i quali tradiscono la crisi profonda in cui è piombata l’industria americana del cinema. Una crisi che ha cause interne (la legge antitrust, che di fatto smantella il sistema distributivo fino a quel momento in atto, e la diffusione del prodotto televisivo, molto più precoce di quanto sia avvenuto qui da noi) e cause esterne (il mito americano è messo a dura prova dal sanguinoso conflitto in Vietnam – l’unica sconfitta militare degli Stati Uniti nella loro storia – che provoca una dura contestazione interna). La capacità di penetrazione dei prodotti italiani nel mondo (compreso il blocco sovietico e i paesi emergenti, nati con la decolonizzazione e ovviamente diffidenti verso i prodotti americani) diventa un vero modello. E lo diventa senza nessuna traccia di piano industriale o di programmazione, ma con metodi che sono leggendari per scaltrezza ed estemporaneità.

Del resto, l’estemporaneità era intrinseca al sistema produttivo. Erano pochi i produttori che finanziavano i film con capitali in tutto o in parte di proprietà, ed erano i più noti: De Laurentiis, Ponti, Cristaldi, Bini, Cicogna... Gli altri ricorrevano essenzialmente a due fonti di finanziamento: il minimo garantito e le vendite all’estero. Funzionava così: uno annunciava un film con il titolo, gli attori principali e due righe di trama. Poi faceva il giro dei noleggiatori italiani, che erano organizzati su base regionale. Se questi erano interessati, stipulavano un contratto nel quale era definita la cifra minima che si impegnavano a versare per il noleggio del film una volta che fosse stato ultimato, e per un periodo che era abitualmente di cinque anni (i film, infatti, venivano sfruttati a lungo, grazie a un ampio mercato garantito dalle sale di quartiere, di paese e parrocchiali che programmavano anche film realizzati e usciti parecchi anni prima). Lo stesso facevano i rivenditori all’estero, che anticipavano i soldi per assicurarsi i diritti di vendita in alcuni paesi. Questi anticipi erano generalmente rappresentati da cambiali, e si può dire che l’ottanta per cento della produzione cinematografica italiana del decennio abbia vissuto solo di cambiali. Se si sfogliano le riviste professionali del periodo («Giornale dello spettacolo», «Cinemundus» ecc.) si trovano tantissimi annunci di «inizio lavorazione» o di «lavorazione completata» per film che non hanno mai visto la luce o sono stati realizzati successivamente con altro regista e altri interpreti. Quegli annunci erano concepiti proprio in funzione del minimo garantito, per suscitare interesse e pubblicità che consentissero di ottenere le tanto agognate cambiali.

Sul conto di questi produttori più o meno improvvisati fiorivano le leggende metropolitane. Spesso essi provenivano dal noleggio e si erano messi in proprio dopo aver capito che in realtà era con i loro soldi che si producevano i film. Un personaggio leggendario era Fortunato Misiano, proprietario della Romana Film, che tra il 1950 e il 1970 produsse un centinaio di film a basso costo frequentando i generi più popolari.



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