Il filo d'oro by Ewan Clayton

Il filo d'oro by Ewan Clayton

autore:Ewan Clayton
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri editore
pubblicato: 2014-09-02T16:00:00+00:00


La scrittura e il singolo individuo

Nell’ultimo secolo, l’individuo non aveva fatto che qualche fugace incursione nel campo della scrittura manuale. L’abbandono della «scrittura sontuosa» – come l’aveva definita il calligrafo scozzese David Browne nella sua Calligraphia, stampata a Saint Andrews nel 1622 – a favore della «incongruità, o ruvidezza, della comune scrittura corrente, mediocre e frettolosa» aveva portato secondo l’autore a «un tempo sfacciatamente povero di scrivani esperti, in grado, a Dio piacendo, di mantenere – per così dire – un barlume di vita nella bella scrittura».12 La conseguenza era stata l’emergere di grafie meno controllate, meno conformi a un modello, più personali. Come sostiene anche Tamara Plakins Thornton nel suo Handwriting in America, dopo il 1695 in Inghilterra la carta stampata si era liberata dai vincoli imposti dal Licensing Act del 1622 e, di conseguenza, la percezione pubblica della scrittura manuale era significativamente cambiata.13 Ai primi del XVIII secolo, con il diffondersi dei torchi da stampa e l’onnipresenza ormai della carta stampata nella vita quotidiana inglese, la grande regolarità visiva della pagina impressa a caratteri mobili fece sì che, per contrasto, si cogliessero nella grafia vergata a penna una varietà di differenze individuali che prima, semplicemente, non venivano percepite.

In ambito legale, un primo riconoscimento delle differenze individuali nella scrittura manuale risale al 1726, quando Geoffrey Gilbert asserì, in un trattato sulle prove giudiziarie, che «gli individui si differenziano nella scrittura tanto quanto nel volto, non essendo l’uniformità grafica superiore a quella fisica».14 Il giurista inglese proseguiva sostenendo la possibilità di distinguere la scrittura contraffatta da quella autentica, affermando che la grafia poteva essere un elemento costitutivo dell’identità personale in sede giudiziaria. Fino a quel momento non era mai stata applicata nessuna distinzione fra i campioni di scrittura, se non per ampie categorie di classe sociale o di genere. Il testimone poteva dichiarare sotto giuramento che un campione di scrittura era o non era suo, ma non poteva dimostrarlo tecnicamente. Il riconoscimento dell’unicità assoluta della scrittura manuale di fronte alla legge doveva ancora attendere. Nel cinquantennio successivo, chiunque affermasse l’identità di una persona sulla base di un campione della sua calligrafia doveva avere visto la persona nell’atto di scrivere. Poteva trattarsi di qualunque documento, stilato in qualunque istante del passato (in un caso, addirittura sessantacinque anni prima), ma l’autore doveva essere stato visto con la penna in mano; il testimone portava poi quella trascorsa esperienza sul documento che aveva davanti. Un’inconsueta prova di contraffazione era costituita dalla diversa grafia di un nome o addirittura, ma più raramente, dalla diversa forma delle iniziali. La prima testimonianza di questo genere, proveniente dagli archivi dell’Old Bailey di Londra, è del 16 gennaio 1729 e appartiene al processo di William Hales e Thomas Kinnersley (un sacerdote), accusati di avere falsificato una cambiale da pagare all’«Egregio Signor Samuel Edwards».15



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