Il lungo esodo by Raoul Pupo

Il lungo esodo by Raoul Pupo

autore:Raoul Pupo [Pupo, Raoul]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bur
pubblicato: 2013-08-29T22:00:00+00:00


La crisi del Cominform e le sue conseguenze

Le cose invece andarono in maniera del tutto imprevista. La crisi intervenuta nel 1948 nei rapporti fra Belgrado e Mosca cancellò infatti il timore di una minaccia sovietica sulla frontiera italiana e aprì prospettive completamente diverse per gli equilibri strategici nell’Europa centro-meridionale. Di conseguenza, l’evoluzione della politica americana e britannica verso la Jugoslavia – dall’iniziale decisione di «tenere a galla Tito» fino al più tardo disegno di integrare il Paese nel sistema di sicurezza militare dell’Occidente – si accompagnò alla progressiva modifica dell’atteggiamento alleato sulla questione del Territorio Libero. Esemplare da questo punto di vista appare un documento redatto dal Dipartimento di Stato americano nel giugno del 1949, secondo il quale qualsiasi accordo sulla sorte del TLT avrebbe dovuto prioritariamente rispondere all’esigenza di «salvare la faccia» a Tito, senza il cui consenso gli Stati Uniti non sarebbero stati disposti a restituire la zona A all’Italia nemmeno in presenza di un consenso sovietico.27 Un’affermazione, questa, che rendeva evidente il completo rovesciamento di posizioni rispetto alla logica che poco più di un anno prima aveva ispirato la Nota Tripartita.

Ne seguì una lunga fase di staticità della vertenza. Da parte americana infatti non vi era un’urgenza pressante di comporre una contesa che in realtà non comprometteva la ristrutturazione della politica di sicurezza europea, né il processo di avvicinamento – prima politico, e poi anche militare – del governo di Belgrado all’Occidente. Da parte britannica invece, le crescenti preoccupazioni per i costi della presenza alleata a Trieste non si accompagnavano alla delineazione di una strategia alternativa, che conducesse in tempi brevi al ritiro della guarnigione posta a presidio della zona A. Il clima di attesa riguardava anche i soggetti statuali nazionali, Italia e Jugoslavia, che a cavallo degli anni Cinquanta recuperarono il loro ruolo di protagonisti nella gestione del contrasto diplomatico per Trieste, dal momento che la marginalizzazione della crisi giuliana rispetto alla conflittualità Est-Ovest ne aveva ricondotto in primo piano la dimensione bilaterale. Il governo di Roma rimase così senza una vera politica relativa al problema giuliano: difatti, anche se la Nota Tripartita si rivelava sempre più inconsistente come ancoraggio diplomatico, il suo esplicito abbandono, oltre a privare il governo italiano di qualsiasi carta negoziale, avrebbe clamorosamente smentito quella solidarietà anglo-americana alle rivendicazioni italiane, che aveva rappresentato una delle motivazioni per cui il 18 aprile 1948 all’elettorato italiano era stato chiesto di compiere la scelta per l’Occidente. Ulteriori seri motivi di imbarazzo venivano dalla concomitanza dell’affievolirsi dell’appoggio alleato alle tesi italiane con lo stringersi di formali legami di alleanza fra l’Italia e le potenze occidentali. Ne uscirono evidentemente incrinate le speranze italiane di collegare la partecipazione al Patto Atlantico alla revisione delle clausole del trattato di pace più lesive dell’orgoglio nazionale e, in seguito, la stessa valorizzazione di fronte al Paese dei benefici concreti dell’alleanza risultò meno agevole. Non a caso, a partire dall’estate del 1952 il motivo del «broncio atlantico» cominciò a diffondersi all’interno degli ambienti diplomatici, anche se ovviamente, al di là dei mugugni,



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