Il papa guerriero by Massimo Rospocher

Il papa guerriero by Massimo Rospocher

autore:Massimo, Rospocher [Rospocher, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Monografie dell'Istituto storico italo-germanico in Trento
ISBN: 9788815339447
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2018-09-14T22:00:00+00:00


2. Ferrara contro Venezia (1509-1511)

Gli echi della battaglia di Agnadello si riverberarono in tutta Europa; ma fu soprattutto nelle piazze italiane che i cantori girovaghi narrarono con toni drammatici l’esito sanguinoso di quello scontro – tante erano state le vittime che i cani avrebbero avuto cadaveri di che cibarsi per un mese, commenta un canterino[7]. Girolamo Priuli riporta che le cronache della disfatta veneziana «per tutta Italia se cantavano et recitavano sopra le piazze per li zarlatani»[8]. In aggiunta alle performances orali, «tante frotole, tanti sonetti, tanti canti, tante ruine, tanti versi» furono «posti in stampa, in vergogna del nome veneto»[9]. I toni erano talmente duri che il diarista confessa di annotare solo «una minima parte dele calunnie, ingiurie et vituperi et ingnominie et peccati et achusatione et querelle, che per tute le piaze et lochi del mondo se exclamavanno et dicevanno del nome veneto, dela citade veneta, delo governo et imperio veneto»[10].

L’offensiva polemica contro la Repubblica era scatenata coscientemente proprio nei luoghi pubblici – «in ogni piaza et bordello et barbarie» – dove le persone si radunavano per essere aggiornate sulle ultime notizie[11].

A Ferrara, soprattutto, si volle capitalizzare la sconfitta della Serenissima anche dal punto di vista comunicativo. Le piazze e i mercati ferraresi furono inondati da una moltitudine di poemetti dall’acre tenore antiveneziano, come la Barzeleta contra Venetia, la Frotula nova de la rovina de Venitiani (fig. 17) o il Lamento de Veneciani (fig. 8), stampati spesso cum gratia et privilegio estense[12]. Ballate come il Sermone de l’ira de dio contra Venetiani (fig. 18) ammoniscono, biasimano, minacciano e oltraggiano – «coioni» e «bastardi» sono definiti i sudditi di San Marco –, prefigurando per i veneziani un ritorno alle reti da pesca[13]. Questi brevi componimenti, dichiaratamente partigiani, erano corredati da illustrazioni non banali, talvolta composte per l’occasione e in altre circostanze riciclate.

Negli opuscoli economici Ferrara poteva assumere le agguerrite sembianze di una regina delle Amazzoni, armata di lancia e scudo, pronta a difendersi dagli attacchi del nemico di turno (fig. 19)[14]. In quest’offensiva editoriale si distinsero particolarmente alcuni stampatori. Alla bottega ferrarese di Lorenzo de’ Rossi da Valenza sono ascrivibili almeno una quindicina di edizioni di poemi politici in volgare, «verosimilmente stampate e diffuse, forse su intervento diretto del potere ducale»[15]. Le stampe non agivano solo come strumenti per costruire il consenso, ma anche come armi della disinformazione. Un esempio è rappresentato da un opuscolo stampato a Ferrara e contenente il testo apocrifo di un’orazione che sarebbe stata pronunciata, il 18 dicembre 1509, dall’ambasciatore veneziano Antonio Giustinian presso la corte asburgica a Innsbruck, con l’altrettanto falsa replica dell’imperatore[16]. Nella sua orazione il diplomatico offriva la resa completa di Venezia alle condizioni poste dall’imperatore, cioè la restituzione dei territori indebitamente occupati e la sottomissione della Serenissima all’autorità imperiale; in sostanza, l’umiliazione della Repubblica. Nell’immagine che correda l’opuscoletto, l’oratore veneto e il suo seguito si presentano in atteggiamento di sottomissione, prostrati, con il cappello in mano davanti all’imperatore seduto in trono (fig. 20). Nel giugno del 1509 gli ambasciatori della Repubblica



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