Il Piacere by Gabriele D'Annunzio

Il Piacere by Gabriele D'Annunzio

autore:Gabriele D'Annunzio [D'Annunzio, Gabriele]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-29T11:26:26+00:00


IV

Maria Ferres era sempre rimasta fedele all’abitudine giovenile di notar cotidianamente in un suo Giornale intimo i pensieri, le gioie, le tristezze, i sogni, le agitazioni, le aspirazioni, i rimpianti, le speranze, tutte le vicende della sua vita interiore, tutti gli episodii della sua vita esterna, componendo quasi un Itinerario dell’Anima, ch’ella di tratto in tratto amava rileggere per averne una regola nel viaggio futuro e per ritrovar la traccia delle cose da gran tempo morte.

Constretta dalle circostanze a ripiegarsi di continuo su sé medesima, sempre chiusa nella sua purità come in una torre d’avorio incorruttibile e inaccessibile, ella provava un sollievo e un conforto in quella specie di confessione cotidiana affidata alla pagina bianca d’un libro segretissimo. Si lamentava de’ suoi travagli, s’abbandonava alle lacrime, cercava di penetrare gli enigmi del suo cuore, interrogava la sua conscienza, riprendeva coraggio dalla preghiera, si ritemprava nella meditazione, allontanava da se ogni debolezza ed ogni vana imagine, metteva il suo spirito nelle mani del Signore. E tutte le pagine splendevano d’una comune luce, ossia di Verità.

… … … … … … . .

“15 settembre 1886 (Schifonoja). - Come mi sento stanca! Il viaggio mi ha un poco affaticata e quest’aria nuova del mare e della campagna m’ha un poco stordita. Ho bisogno di riposo; e già mi par di pregustare la bontà del sonno e la dolcezza del risveglio di domani. Mi sveglierò in una casa amica, nella cordiale ospitalità di Francesca, in questa Schifanoja che ha rose così belle e cipressi così grandi; e mi sveglierò avendo innanzi a me qualche settimana di pace, venti giorni d’esistenza spirituale, forse più. Sono molto riconoscente a Francesca, dell’invito. Rivedendola, ho riveduta una sorella. Quante mutazioni in me, e quanto profonde, dai belli anni fiorentini!

Francesca, a proposito de’ miei capelli, ricordava oggi le passioni e le malinconie di quel tempo, e Carlotta Fiordelise, e Gabriella Vanni, e tutta quella storia lontana che ora non mi par vissuta ma letta in un vecchio libro obliato o vista in sogno. I capelli non son caduti, ma son cadute da me ben altre cose più vive. Tanti capelli nel mio capo, tante spighe di dolore nel mio destino.

Ma perché mi riprende la tristezza? E perché le memorie mi dànno pena? E perché di tratto in tratto la mia rassegnazione è scossa? E’ inutile lamentarsi sopra una tomba; e il passato è come una tomba che non rende più i suoi morti. Dio mio, fa tu ch’io me ne ricordi una volta per sempre!

Francesca e ancóra giovine, e conserva ancóra quella sua bella e franca giovialità che in collegio aveva un fascino così strano sul mio spirito un po’ oscuro. Ella ha una grande e rara virtù: è gaia, ma sa intendere i dolori altrui e sa anche lenirli con la sua misericordia consapevole. Ella è, sopra tutto, una donna intellettuale, una donna d’alti gusti, una dama perfetta, un’amica che non pesa. Si compiace forse un po’ troppo dei motti e delle frasi acute, ma le sue saette hanno sempre la punta d’oro e son lanciate con una grazia inimitabile.



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