Il sangue del sud. Antistoria del Risorgimento by Giordano Bruno Guerri

Il sangue del sud. Antistoria del Risorgimento by Giordano Bruno Guerri

autore:Giordano Bruno Guerri [Guerri, Giordano Bruno]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Ai primi di maggio del 1861, invece di muovere dalla roccaforte sorana, si mosse da sud, dalle parti di Fondi, e attaccò Monticelli. I suoi uomini uccisero il sindaco, poi si scaraventarono sui borghi di Pico e Lenola, travolgendo ogni resistenza. Come sempre, Chiavone si limitò alla sortita. L'arrivo dei bersaglieri indusse il brigante a ritirarsi oltre il confine. La sua vera forza era la sorpresa, di più non poteva, e lo sapevano bene a palazzo Farnese, dove gli strateghi di Francesco II avevano ormai chiari i suoi limiti.

I comandi borbonici cominciarono a affollare la sua banda di legittimisti stranieri, spesso dai nomi altisonanti e con manie di grandezza almeno pari a quelle di Chiavone. Tra gli uomini che gli contendevano il comando c'era un marchese belga di ventinove anni, Alfred de Trazegnies di Namur, la cui pietosa vicenda finì per commuovere l'opinione pubblica liberale, dandogli notorietà postuma. Nipote della contessa di Nassau, parente dei reali d'Olanda, de Trazegnies era bello e prestante. Avrebbe potuto godersi i privilegi della sua condizione di aristocratico e la ricca rendita di trecentomila franchi. Si ritrovò invece intruppato nelle schiere di Chiavone.

L’11 novembre 1861, dopo avere saccheggiato con quattrocento uomini il castello d'Isoletta, e avere ucciso otto dei diciotto soldati che lo difendevano, il brigante ordinò l'assalto al vicino centro di San Giovanni Incarico. Lì la banda si scontrò con una colonna piemontese guidata dal capitano Cesare Gamberini, che uccise più di cinquanta briganti e catturò de Trazegnies. Il marchese non fu neanche processato. Chiese che l'esecuzione fosse prorogata di tre giorni, sperando nella mobilitazione di qualche suo illustre parente. Quando capì che non c'era più speranza, supplicò di essere almeno trattato secondo il suo rango, ma fu trascinato nella piazza centrale di San Giovanni Incarico e colpito alla nuca come un delinquente comune: bastò un solo colpo di fucile. Il cadavere fu gettato nudo, insieme a quelli dei suoi compagni, in una fossa comune. Ci volle l'intervento delle autorità francesi perché il corpo venisse riconsegnato alla famiglia, che lo seppellì nella chiesa di San Gioacchino e Sant’Anna al Quirinale.

Lo Stato Maggiore del brigante era formato, fra gli altri, dal colonnello francese de Rivière, dal prussiano Masoratt, dal tenente colonnello Edwin Kalckreuth di Gotha, più noto come Conte Edvino. Nei ranghi più bassi, in compagnie composte da cinquanta uomini ciascuna, si trovavano raffinati parigini e belgi blasonati, tedeschi e napoletani, abruzzesi e spagnoli, sassoni e molisani.

Il fenomeno dell'arruolamento internazionale era temuto dal potere italiano, perché l'intervento di volontari stranieri poteva nuocere all'immagine e all'autorità del nuovo Stato. Se ne parlava sui giornali di tutta Europa, e il prestigio dei caduti illustri amplificava l'effetto della loro morte.

Nell'ottobre del 1862 il generale Cialdini ordinò: «Mi preme di essere informato della nazionalità dei briganti che muovono in combattimento e sono fucilati, perché presi armata mano».

Alla fine dell'anno, giunse alla corte di Chiavone un altro tra questi capitani di ventura senza esercito, anche se un suo intendente italiano, un lombardo, gli spiegò che su Chiavone pendevano 182 capi



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