Il secolo dei giganti 3. il fermaglio di perla by Forcellino Antonio

Il secolo dei giganti 3. il fermaglio di perla by Forcellino Antonio

autore:Forcellino Antonio [Forcellino, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788830502154
editore: HarperCollins Italia
pubblicato: 2020-02-17T23:00:00+00:00


L’ACACIA FARNESE

Alessandro Farnese camminava a piccoli passi nel giardino segreto del Palazzo Vaticano.

Mancavano poco più di sei mesi al compimento del suo sessantunesimo compleanno, un’età considerata venerabile da tutti, ma di festeggiare non aveva alcuna voglia. Certo era vivo ed era un cardinale di Santa Romana Chiesa, e questo non era poco per i tempi che correvano. Aveva servito diversi papi ed era stato sul punto di essere eletto lui stesso, ma la possibilità era sfumata. Meglio così, non era stato semplice il pontificato di Clemente. La città era ancora sfinita dal sacco subito due anni prima e non si vedeva il modo di riprendersi.

Il giardino che aveva davanti agli occhi era proprio il simbolo di quella rovina. Nell’Orto dei Semplici da trent’anni venivano infatti piantate e studiate le specie importate dal Nuovo Mondo, specie che avevano bisogno di continue cure, dato che erano delicatissime. Ma quasi tutti i giardinieri erano stati uccisi dai lanzichenecchi, e adesso le piante esotiche erano in gran parte morte, e le foglie, che erano state carnose come corpi di animali, ora marcivano sul terreno inaridito dalla lunga estate romana, che non sembrava avere fine.

Il cardinale notò però che era sopravvissuta una giovane acacia alla quale era stato dato il suo nome per onorarlo: l’acacia Farnese. Era diventata alta più di quattro metri e la chioma ricca dalle foglioline mobili era rigogliosa, solo appena velata da un inizio di giallo. Sorrise di fronte all’albero. Era sopravvissuto a tutto, agli incendi e all’incuria. Era come lui, sopravvissuto alle atrocità dei Borgia e alla durezza di Giulio, alla doppiezza di Leone e all’inconcludenza di Clemente. Era sopravvissuto anche alla scelleratezza di suo figlio Pier Luigi, che gli causava più problemi dei lanzichenecchi con la sua ambizione e il suo carattere perverso. E poi era morta la sua Giulia, la sorella adorata che l’aveva creato, come sapeva tutta Roma. Se n’era andata subito dopo il sacco, con l’unica consolazione di una fede ritrovata proprio in quelle circostanze. Sorrise all’acacia, contento di aver rivisto almeno lei rigogliosa, e si diresse verso il palazzo per parlare con Clemente. Questa volta il papa avrebbe dovuto ascoltarlo.

Lo trovò nella biblioteca dei suoi appartamenti sotto gli affreschi di Raffaello, sotto la Scuola di Atene che sembrava anch’essa il reperto di un’epoca lontanissima. Platone e Aristotele, che avanzavano tra i filosofi sotto quella grandiosa architettura disegnata da Bramante, erano sereni e parevano sicuri del trionfo della ragione. Invece avevano trionfato solo l’odio e la morte che ancora attanagliava Roma con una pestilenza che non smetteva di propagarsi per il caldo asfissiante.

Baciò la pantofola al pontefice, che aveva la barba ingrigita dalle preoccupazioni. «Santità, perdonatemi se insisto, ma l’imperatore sta raggiungendo l’Italia per essere incoronato» esordì. «Ha accettato di fermarsi a Bologna per non mettere a rischio il territorio della Chiesa. L’accordo che ha trovato con il re di Francia sembra ragionevole. Ora dovete voi trovare un accordo chiaro con lui.»

Clemente lo guardò appena, aveva gli occhi cerchiati di nero e il viso segnato dall’amarezza. «Tu cosa proponi, Alessandro?»

Farnese andò dritto alla questione.



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