ILIADE 1 by omero
autore:omero [omero]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, public domain, archivio italiano
ISBN: 9788865740040
Google: sc6scQAACAAJ
pubblicato: 2010-11-15T10:19:39+00:00
<B>LIBRO DECIMOQUARTO</B>
De' combattenti udì l'alto fracasso
Nestore in quella che una colma tazza
accostava alle labbra; e d'Esculapio
rivolto al figlio: Oh, che mai fia, diss'egli,
divino Macaon? Presso alle navi
dell'usato maggiori odo le grida
de' giovani guerrieri. Alla vedetta
vado a saperne la cagion. Tu siedi
intanto, e bevi il rubicondo vino,
mentre i caldi lavacri t'apparecchia
la mia bionda Ecamède, onde del sangue,
di che vai sozzo, dilavar la gruma.
Del suo figliuol si tolse in questo dire
il brocchier che giacea dentro la tenda,
il fulgido brocchier di Trasimède
che il paterno portava. Indi una salda
asta d'acuta cuspide impugnata
fuor della tenda si sofferma, e vede
miserando spettacolo: cacciati
in fuga i Greci, e alle lor spalle i Teucri
inseguenti e furenti, e la muraglia
degli Achei rovesciata. Come quando
il vasto mar s'imbruna, e presentendo
de' rauchi venti il turbine vicino,
tace l'onda atterrita, ed in nessuna
parte si volve, finché d'alto scenda
la procella di Giove; in due pensieri
così del veglio il cor pendea diviso,
se fra i rapidi carri de' fuggenti
DÃ nai si getti, o se alla volta ei corra
del duce Atride Agamennón. Lo meglio
questo gli parve, e s'avvïò. Seguìa
la mutua strage intanto, e intorno al petto
de' combattenti risonava il ferro
dalle lance spezzato e dalle spade.
Fuor delle navi gli si fêro incontro
i re feriti Ulisse e Dïomede
e Agamennón. Di questi a fior di lido
stavan lungi dall'armi le carene.
L'altre, che prime lo toccâr, dedotte
più dentro alla pianura, eran le navi
a cui dintorno fu costrutto il muro;
perocché il lido, benché largo, tutte
non potea contenerle, ed acervate
stavan le schiere. Statuiti adunque
l'uno appo l'altro, come scala, i legni
tutto empieano del lido il lungo seno
quanto del mare ne chiudean le gole.
Scossi al trambusto, che s'udìa, que' duci,
e di saper lo stato impazïenti
della battaglia, ne venìan conserti,
alle lance appoggiati, e gravi il petto
d'alta tristezza. Terror loro accrebbe
del veglio la comparsa, e Agamennóne
elevando la voce: O degli Achei
inclita luce, Nestore Nelìde,
perché lasci la pugna, e qui ne vieni?
Temo, ohimè! che d'Ettòr non si compisca
la minacciata nel troian consesso
fiera parola di non far ritorno
nella città , se pria spenti noi tutti,
tutte in faville non mettea le navi.
Ecco il detto adempirsi. Eterni Dei!
Dunque in ira son io, come ad Achille,
a tutto il campo acheo, sì che non voglia
più pugnar dell'armata alla difesa?
Ahi! pur troppo l'evento è manifesto,
Nestor rispose, né disfare il fatto
lo stesso tonator Giove potrebbe.
Il muro, che de' legni e di noi stessi
riparo invitto speravam, quel muro
cadde, il nemico ne combatte intorno
con ostinato ardire e senza posa:
né, come che tu l'occhio attento volga,
più ti sapresti da qual parte il danno
degli Achivi è maggior, tanto son essi
alla rinfusa uccisi, e tanti i gridi
di che l'aria risuona. Or noi qui tosto,
se verun più ne resta util consiglio,
consultiamo il da farsi. Entrar nel forte
della mischia non io però v'esorto,
ché mal combatte il battaglier ferito.
Saggio vegliardo, replicò l'Atride,
poiché fino alle tende hanno i nemici
spinta la pugna, e più non giova il vallo
né della fossa né dell'alto muro,
a cui tanto sudammo, e invïolato
schermo il tenemmo delle navi e nostro,
chiaro ne par che al prepossente Giove
caro è il nostro perir su questa riva
lungi d'Argo, infamati. Il vidi un tempo
proteggere gli Achei; lui veggo adesso
i Troiani onorar quanto gli stessi
beati Eterni, e incatenar le nostre
forze e l'ardir.
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