La terra del rimorso by Ernesto De Martino

La terra del rimorso by Ernesto De Martino

autore:Ernesto De Martino
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: il Saggiatore
pubblicato: 2013-12-26T23:00:00+00:00


Questo episodio pone in rilievo con particolare evidenza l’affinità di «funzioni» dei loa haitiani e della taranta pugliese. Infatti il caso della fruttivendola di Port-au-Prince richiama – sempre dal punto di vista della funzione dei rispettivi simboli mitico-rituali – il caso di Maria di Nardò, che ogni anno rinnovava il legame con un amore precluso, trasfigurandolo nel rapporto con la taranta e con S. Paolo. Analogamente le economie che la fruttivendola di Port-au-Prince andava accumulando per celebrare il suo culto annuale richiamano le economie che, a detta del Baglivi, le donne di Puglia mettevano da parte per dar corso degnamente, nella stagione cerimoniale, ai loro «carnevaletti». Senza dubbio le affinità strutturali e funzionali tra vodu e tarantismo non debbono far dimenticare le differenze: alla relativa ricchezza mitica e cerimoniale dei molti loa haitiani si contrappone ciò che potremmo chiamare l’unico loa del tarantismo, cioè la taranta, con il suo tema fondamentale del «morso» e del «veleno», e con le sue specificazioni come «taranta libertina», «tempestosa», «triste e muta», o con i suoi nomi e figure d’ombra (signora Faustina etc.), che mai raggiunsero – per quel che se ne sa – l’autonomia di tradizioni mitiche distinte. Inoltre nel tarantismo non si ritrovano né santuari, né sacerdoti, né congregazioni iniziatiche, almeno stando ai documenti: per quanto, ad attenuare questa differenza, non va dimenticato l’importanza che in passato dovevano avere, sia nella diagnosi che nella cura, i suonatori terapeuti, che nella Taranto del ’600 erano pubblici funzionari retribuiti con regolari stipendi e che ancora nel 1876 annoveravano figure di prestigio, come quel Francesco Mazzotta di Nòvoli, del quale il De Simone abbozzò la figura di cieco violinista migrante di villaggio in villaggio per curare i tarantati. Tuttavia le differenze, per quanto importanti, non sono tali da impedire di considerare i due fenomeni, il vodu e il tarantismo, come storicamente comparabili, perché le loro affinità di struttura e di funzione e le loro stesse differenze si configurano come sviluppi paralleli e indipendenti a partire da una comune patria culturale.

D’altra parte il paragone fra il tarantismo con i culti africani di tipo bori o zar e con i culti afroamericani conosciuti col nome di macumba, candomblé, santeria e vodu presenta particolare interesse anche da un altro punto di vista, e cioè perché anche su questi culti, come già sul tarantismo, è pesata l’interpretazione naturalistica che li «riduceva» a malattia. Sempre a proposito del vodu, alla iniziale interpretazione come nevrosi proposta da Dorsainvil, è recentemente seguita una più equa valutazione orientata in senso storico-culturale. Il Métraux sottolinea il carattere psicopatico della «fase iniziale» della crisi, ma, al tempo stesso pone in evidenza il carattere controllato, disciplinato, culturalmente significativo e psicologicamente risolvente che assume la trance quando nel posseduto emerge e agisce un loa definito, al cui modello tradizionale il comportamento del posseduto si mantiene fedele. Ma lasciamo la parola allo stesso Métreaux:

La possessione non potrebbe essere spiegata unicamente in termini di psicopatologia. Probabilmente la possessione ha tale carattere solo presso un ristretto numero di individui che



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